Piergiorgio Odifreddi, su Repubblica on line del 4 ottobre 2010, commentando le perplessità vaticane sul Nobel a Robert Edwards, padre della fecondazione assistita, scrive tra le altre cose:
"A parte i sedicenti e ossimorici ‘cattolici adulti', la quasi totalità dei cattolici, immaturi per definizione, si adeguò (sul referendum relativo alla legge 40) ai diktat del cardinal Ruini"
Gli ho scritto facendogli due domande:
1) la patente di maturità la rilascia solo agli atei o anche a credenti non cattolici?
2) se il 75% che disertò il referendum è succube dei diktat di Ruini, non crede opportuno buttare, insieme a vescovi preti e cardinali, la stessa democrazia?
Lui non ha risposto, ma in sua vece sono intervenuti diversi suoi fedeli lettori, alcuni dei quali hanno spiegato che un credente è in quanto tale incapace di confronto e di raziocinio. A questi ho voluto rispondere come segue.
Cari amici atei, ma davvero credete alla fiaba per cui avere una fede, ovvero una visione del mondo, alcune convinzioni forti, significhi rinunciare all'intelletto? Pensate realmente che un testo biblico contenga le istruzioni di comportamento tali da sostituire libertà e coscienza personale? Avete mai letto un capitolo di vangelo? Sapete cos'è un direttore spirituale?
Vi faccio notare che qualsiasi convinzione, qualunque visione del mondo, opera nella vita sociale come una fede: ritenere uguali tutti gli uomini al di là delle razze, o le donne pari agli uomini, è una scelta di fede. Come qualsiasi altro valore socialmente e politicamente impegnativo, esprime una credenza, non un'evidenza scientifica, la quale - in quanto tale - è incapace di fondare valori, perché eticamente neutra, politicamente irrilevante. I valori, quindi le leggi, i divieti, le sanzioni, iniziano con i significati che si attribuiscono a quelle evidenze. Non fermeremo mai un razzista presentandogli un esame di laboratorio.
La laicità non è dare degli immaturi ai credenti. Ma confrontarsi sulle diverse fedi presenti in una società, e individuare un nucleo di valori sufficientemente condivisi per fondarci regole di convivenza (compresi divieti e sanzioni), ovvero un "contratto sociale". Non esistono società fondate sulla tesi "ognuno faccia quel che vuole". Perché in questo tipo di società il neonazista dovrebbe essere lasciato libero, nella sua cantina, di sciogliere l'ebreo nell'acido: purché anch'io nella mia cantina sia lasciato fare quel che voglio. Infatti nella sua cultura, quella nazista, l'ebreo non è titolare di diritti: la sua libertà e integrità interessa al suo carnefice quanto quella dell'embrione a chi dice che non ha nulla di umano. Se abbiamo fatto battaglie per fermare la strage di ebrei, non scandalizziamoci che qualcuno faccia battaglie per fermare la strage di embrioni.
Quello che intendo dire è che la libertà individuale non è un criterio sufficiente a fondare un diritto: per questa strada un "padrone" potrebbe rivendicare lo sfruttamento dei suoi lavoratori come sua "libertà di impresa", un industriale potrebbe scaricare in atmosfera tonnellate di CO2 semplicemente dichiarandosi non convinto del riscaldamento globale, e così via. Basterebbe insomma dichiararsi di una cultura difforme da quella codificata nella legge per sottrarsi alla legge.
Di fatto, invece, viviamo in un ordinamento pieno di "valori" in nome dei quali poniamo dei limiti alla libertà individuale. Non scandalizziamoci allora se qualcuno - i cattolici, i sindacalisti, gli ecologisti, gli islamici... - cercano di introdurre nell'ordinamento valori ulteriori, che hanno come gli altri l'effetto di ridurre alcune libertà individuali.
Quello che fanno i cattolici, e a suo modo la gerarchia ecclesiale - che anche a mio giudizio risulta spesso troppo invadente - è appunto influenzare per via democratica (referendaria, elettorale) quel contratto sociale di cui sopra. La sfida va accettata nel merito, non respinta come "irricevibile".
L'ingenuità di molti "sedicenti laici" è quella di confondere il piano delle fonti valoriali con quello degli strumenti democratici. Che le fonti delle mie credenze siano la Bibbia o i testi di Odifreddi, cambia poco (sono abbastanza laico in questo). Quale che sia la mia fonte, io credente cerco di persuadere gli altri (con strumenti democratici) della bontà della mia visione. Tu ateo fai lo stesso, e il contratto sociale è il risultato di questa reciproco scambio. Non puoi giudicare preventivamente la mia fonte indegna di influire sul contratto sociale. Se lo fai, sei tu che manchi di laicità, quando dici in sostanza che una visione del mondo ispirata a una visione religiosa non può influire sul contratto sociale.
Io invece accetto il risultato democratico, anche di leggi non in linea con la mia visione del mondo. Ma pretendo di avere voce nel processo sociale di definizione del bene comune (o più laicamente interesse collettivo), e non escludo a priori nessuna fonte di ispirazione, religiosa o laica.
Credo che i problemi etici che ci attendono (posti dall'evoluzione tecnologica in generale e genetica in particolare) abbiano bisogno di risposte normative sagge, non integraliste ma nemmeno stupidamente libertarie. Da cattolico, mi sento anch'io in viaggio di scoperta. La fede altro non è che una seducente ipotesi esistenziale, da falsificare (o verificare) ogni giorno. Per correggerla, purificarla, e rimetterla in gioco ad ogni momento. Se vogliamo ridurre l'influenza dei fondamentalismi, di tutte le provenienze, dobbiamo essere intellettualmente onesti. Atei e credenti.
Firmato: un cattolico adulto in cerca di atei capaci di laicità.
6 ottobre 2010