Bologna, 13 maggio 2010.
Cari amici,
rieccomi alla mia nota mensile (anzi ormai bimestrale...) sui principali eventi politici a Bologna e dintorni. Rammento che per non ricevere più questi messaggi è sufficiente chiedermi la cancellazione da questa lista, mentre se avete amici interessati segnalatemi la loro e-mail.
Ecco gli argomenti di questa nota:
1) L'INVITO. LUN. 17 AL BARACCANO: PIERGIORGIO LICCIARDELLO PRESENTA LA SUA CANDIDATURA A SEGRETARIO PD..
2) IL QUADRO NAZIONALE: GOVERNO ANTILIBERALE E ANTILIBERISTA
3) IL QUADRO REGIONALE: FAR FINTA DI ESSERE SANI
4) IL QUADRO PROVINCIALE. DRAGHETTI SOLIDA, PD INCONSISTENTE.
5) IL CONGRESSO PROVINCIALE DEL PD: GENESI DI UNA CANDIDATURA.
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1) L'INVITO. LUN. 17 AL BARACCANO: PIERGIORGIO LICCIARDELLO PRESENTA LA SUA CANDIDATURA A SEGRETARIO PD.
Questa volta salto alle conclusioni (vedi di seguito al punto 5), e parto con l'invitarvi
lunedì 17 maggio, dalle 19.00 alle 22.00, alla Sala del Baraccano (in via Santo Stefano 119 a Bologna), dove
Piergiorgio Licciardello presenterà ai cittadini la sua candidatura a segretario provinciale del Partito Democratico, nel segno del rinnovamento e di una necessaria discontinuità rispetto alla gestione attuale del PD.
Sarà una sera di politica ma anche di festa (dato che
senza Piergiorgio, il PD era avviato ad un triste congresso a candidato unico, in perfetto stile bulgaro), di confronto e di incontro lieto tra persone che non hanno rinunciato a lottare, a prendere posizione, a spendersi per una causa. Che ritengono che la politica debba avere ancora convinzioni forti, ideali impegnativi, sogni da realizzare. Che
non si rassegnano ad un partito grigio e camaleontico, dove fa carriera il più opportunista e conformista, perché quello che oggi conta è l'affiliazione e l'obbedienza, quindi l'unitarismo di facciata per evitare ancora e sempre la discussione franca.
A queste liturgie noi abbiamo deciso di dire no. E anche se siamo pochi e poco organizzati, e molto assorbiti dal lavoro (un lavoro vero, che nulla deve alla politica) e in famiglia, abbiamo deciso di questa volta di non stare alla finestra a criticare, ma di scendere in campo direttamente. Forse siamo pazzi. Ma senza un poco di follia poco o nulla sarebbe mai cambiato nella storia.
Vi aspetto quindi lunedì sera al Baraccano, dove avremo anche un po' di crescente, salame e vino, perché l'orario è quello della cena e perché è bello condividere non solo le idee, ma anche il nostro essere persone intere, di carne e di sangue, con le nostre vite, i nostri bisogni, le nostre paure, le nostre passioni.
Lo slogan che abbiamo scelto per questa sfida è:
VERSO UN NUOVO PD PER BOLOGNA - PIERGIORGIO LICCIARDELLO SEGRETARIO.
ENERGIE RINNOVABILI PER UN PD PIU' CORAGGIOSO, PIU' COERENTE, PIU' TRASPARENTE, PIU' CREDIBILE.
Uno slogan che già fa intuire alcuni dei nostri obiettivi: per capire meglio, venite lunedì.
2) IL QUADRO NAZIONALE: UN GOVERNO ANTILIBERALE E ANTILIBERISTA.
L'esplosione anche mediatica della vicenda corruttiva che riguarda gli appalti per le grandi opere (e a cui ho dedicato gran parte della mia newsletter di marzo-aprile) mi esenta stavolta dal lavoro di contro-informazione. Ormai le cose stanno emergendo e anche per gli elettori del Pdl diventa difficile dare la colpa all'accanimento della magistratura. Spero che questa vicenda apra gli occhi a molti, anche nel centrosinistra, sull'assoluta necessità di uno scatto in avanti di tutto il sistema politico in termini di maggiore trasparenza, di lotta ai conflitti di interesse, di guerra alla corruzione. E a chi ancora si illude di poter fare "riforme condivise" con questo governo, rammento solo la dichiarazione fatta da Marcello Dell'Utri al Corriere della Sera del 17 aprile, al quale spiega: "Sono entrato in politica e faccio il parlamentare solo per difendermi dai processi. Se non avessi problemi giudiziari non lo avrei mai fatto". Auguri.
Dedico allora una nota a due provvedimenti governativi apparentemente secondari, ma illuminanti sulla cultura politica di un centrodestra che a dispetto delle etichette si rivela antiliberale e antiliberista. E parlo del decreto interministeriale che sopprime le agevolazioni postali per l'editoria (circa 8.000 testate soprattutto di associazioni, ONLUS, ong, comunità misisonarie, centri di volontariato, ecc., che complessivamente dovranno pagare 200 milioni di euro all'anno di maggiori spese postali).
Un settore già in ginocchio per l'aumento dei costi di stampa e il prosciugamento delle entrate pubblicitarie assorbite dalla TV riceve così un ulteriore botta. Un discreto colpo al pluralismo dell'informazione, forse un rimedio a quell'eccesso di libertà di stampa denunciato pubblicamente da Berlusconi qualche settimana fa, certamente un atto antiliberale.
Quello antiliberista invece riguarda la restaurazione delle "tariffe minime" per i professionisti, che dopo essere state abolite nell'ambito della lenzuolata di Bersani, allo scopo di favorire la concorrenza, vengono ora reintrodotte a tutela dei "già arrivati" rispetto ai giovani che si affacciano sul mercato. Complimenti.
3) IL QUADRO REGIONALE: FAR FINTA DI ESSERE SANI.
Il PD ha perso o ha vinto in Emilia Romagna? Il dilemma ha accompagnato per settimane gli incontri nei circoli e le discussioni tra dirigenti (ne ho avuto prova anche andando ad ascoltare una delle ultime direzioni).
Per rispondere diamo uno sguardo ai numeri. Nel 2010 Errani prende 1.197.789 voti. Nel 2005 ne aveva presi 1.579.989. Contemporaneamente Anna Maria Bernini (un volto nuovo della politica, tanto da essere figlia dell'ex ministro DC, a conferma di come il nepotismo regna incontrastato anche in quel Pdl dell'ex imprenditore Berlusconi, sceso in campo a suo tempo in nome di un'Italia produttiva stanca del vecchio ceto politico...) prende 844.915 voti. Nel 2005 Carlo Monaco ne aveva presi 886.775.
Apparentemente quindi il centrosinistra perde 400 mila voti contro i 40 mila del centrodestra. Ma in realtà non è così. Perché Galletti con l'Udc, che nel 2010 corre da solo, prende 96.625 voti, mentre nel 2005 stava dentro l'alleanza di centrodestra. Quindi per fare il confronto alla pari quella che era l'alleanza PDL-Lega-Udc guadagna 55 mila voti. E il centrosinistra continua a perderne 400 mila.
Quindi i dirigenti PD possono raccontarsela come vogliono, vantando una tenuta sul piano delle percentuali. E dando la colpa al Movimento 5 stelle (che ha raccolto 161 mila voti facendo semplicemente, sui temi della trasparenza e del controllo dei costi della politica, battaglie popolari e di sinistra, che il PD non ha avuto il coraggio di fare proprie). Ma i numeri sono questi. E non lasciano dubbi sul fatto che quella ottenuta dall'elettorato regionale è una sonora bocciatura.
Un'altra sottovalutazione interessata è quella relativa al caso Delbono, derubricato dai dirigenti PD a "sexy gate", a incidente di natura personale e quindi, oltre che imprevedibile, ininfluente sulla vita del partito e sui suoi metodi di selezione delle persone. Su questo bisognerà che i candidati alla segreteria provinciale del PD siano chiari: pensate davvero che si tratti di un inciampo sentimentale? O piuttosto che riveli una mancanza di filtri di prevenzione da parte del nostro partito? Ritenete che siamo davanti a un caso di debolezza di un singolo o piuttosto ad un atteggiamento di un partito che accetta come inevitabile la commistione tra ruoli istituzionali e interessi privati?
Guardate, cari candidati, che il tema è caldo anche al di là del caso dell'ex sindaco: è di queste settimane la notizia che intorno all'istituzione Regione - che nella recente campagna elettorale abbiamo portato come esempio di buon governo - ci sono studi di avvocati e società di consulenza e di comunicazione che hanno ricevuto in pochi anni dalla Regione stessa incarichi per diversi milioni di euro (miliardi di lire) senza gare, e che - guarda la coincidenza! - hanno per soci mariti o mogli (o compagne o fratelli...) di dirigenti o di politici regionali.
Sarà colpa del fatto che Bologna è proprio piccola. Ma anche confidando che tutto sia regolare e non ci siano profili di illegalità, mi chiedo (e chiedo ai due candidati alla guida del partito): usare la carica pubblica per garantire incarichi milionari ad aziende di famiglia fa bene a una forza politica che si propone come alternativa a un centrodestra affarista e clientelare? Raffaele Donini e Piergiorgio Licciardello, diteci qualcosa su questo. Non lasciate che su questa materia siano solo i Grillini ad esprimersi.
4) IL QUADRO PROVINCIALE. IL NO DI DRAGHETTI AL "TURISMO ISTITUZIONALE".
Innanzitutto i fatti. Due assessori della giunta provinciale (Mandini dell'Idv e Pariani del PD imolese), che nel giugno 2009 avevano accettato l'incarico di stare nel governo della provincia, decidono a gennaio 2010 di correre da consiglieri regionali, d'accordo con i partiti e i territori che li esprimono, che ritengono così di sfruttare la loro visibilità istituzionale per accrescere il numero di voti in Regione. E' una loro scelta, di cui la presidente della provincia Draghetti prende semplicemente atto.
I due vengono effettivamente eletti in consiglio regionale. L'Idv e il PD di Imola reclamano il diritto a sostituire i due dimissionari con due nuovi loro esponenti. La presidente si trova di fronte a un bivio: rimpiazzare i due assessori o anticipare un passaggio che dalla prossima legislatura diverrà obbligatorio, ovvero ridurre da 10 a 8 la giunta. E sceglie per la seconda ipotesi.
A questo punto non solo l'Idv (che è un altro partito), ma anche il segretario della federazione PD di Imola (che dovrebbe essere lo stesso partito della Draghetti) attacca pubblicamente a mezzo stampa la presidente PD della provincia, chiedendo di avere un assessore non per ragioni connesse all'operatività della giunta, bensì per espliciti "diritti di poltrona". E arriva a far ritirare dall'aula i consiglieri di Imola rischiando di mandare la provincia al commissariamento.
In tutto questo il PD bolognese tace, ma nel silenzio fa trapelare irritazione verso la Draghetti, mostrando invece comprensione per le pretese di IdV e di Imola, quasi che in politica tutto possa essere messo in discussione ma non le cose sacre, ovvero appunto i diritti di poltrona.
Un partito serio e credibile avrebbe dovuto zittire Imola, invitando il suo segretario alle dimissioni, e difendendo la linea della presidente, coerente con i principi di sobrietà e di rispetto per le istituzioni di cui sono farciti i nostri codici etici e manifesti dei valori.
E invece è andata come abbiamo visto, con un partito che ha chinato la testa davanti a Imola e fatto pressioni incredibili sulla Draghetti perché cedesse, certificando così l'inconsistenza di un PD bolognese che, qui come in cento altre occasioni, è ostaggio di qualsiasi periferia o particolarismo o campanilismo o interesse economico, i quali appena alzano un po' la voce fanno subito calare le brache al partito del 40%, che anzi ha ormai installato un ascensore al posto delle bretelle.
Anche così ci si gioca la credibilità. Perché quando si va tra la gente a parlare di lavoro, scuola, sanità, servizi, giustizia, bisogna essere credibili. Altrimenti non si viene nemmeno ascoltati. Perché contribuisce a dare un'immagine di amministratore pubblico non come persona al servizio dei cittadini, ma come personaggio "sistemato" in un posto tenuto in vita solo per rispettare le logiche di spartizione dei posti.
E in questa vicenda, chi ha dato per primo il segnale che di stare in giunta provinciale se ne può anche fare a meno quando il cursus honorum chiama altrove? Sono stati proprio quei segretari (Idv e PD Imola) che hanno "richiamato" i loro assessori, confermando quella pessima pratica delle "porte girevoli", o delle "giunte taxi" in cui salire e da cui scendere a piacere nell'arco di pochi mesi. E poi ci meravigliamo se la gente non va più a votare...
Quando ero presidente di Commissione in Provincia e capitava talvolta che arrivassero colleghi a commissione finita pretendendo di firmare (e incassare il gettone, e beneficiare della mezza giornata lavorativa pagata dai contribuenti...) io mi opponevo, cercando di spiegare la differenza tra una Commissione e una Gettoniera. Nella scelta della Draghetti di tenere duro ho visto la stessa volontà di salvare la dignità dellì'istituzione: una Giunta non è una Mangiatoia.
Per questo, come Nuovo PD per Bologna, abbiamo preso una posizione netta, espressa in un Comunicato Stampa del 26 aprile, e che riporto.
Un Nuovo PD per Bologna esprime pieno apprezzamento per la scelta della presidente della provincia di Bologna, Beatrice Draghetti, di non sostituire i due assessori provinciali candidati ed eletti in consiglio regionale.
Una scelta positiva per almeno 3 ragioni:
1 - perché dà un segnale concreto di contenimento dei costi della pubblica amministrazione e di sobrietà della politica, in un momento di crisi economica in cui lavoratori, famiglie e imprese sono chiamati a rinunce e sacrifici.
2 - Perché non incoraggia (come invece sarebbe avvenuto con la scelta opposta, quella di sostituire gli assessori dimissionari) quella prassi denominata "nomadismo (o turismo) istituzionale" che vede troppi amministratori lasciare le cariche pubbliche da poco assunte verso altri incarichi, senza riguardo al patto con gli elettori (o con i cittadini) sottoscritto con l'accettazione della prima carica (gli assessori provinciali dimissionari avevano accettato l'incarico a giugno 2009, solo 6 mesi prima di candidarsi in Regione).
3 - Perché contrasta l'idea secondo cui le giunte vanno utilizzate come camere di compensazione per accontentare partiti e territori, conferendo maggiore dignità all'organo esecutivo provinciale e maggiore credibilità al lavoro politico di assessore.
Auspichiamo che il coraggio e la chiarezza contenuti in questa scelta siano d'ora in avanti principi guida dell'azione di tutto il Partito Democratico a Bologna e non solo, nella prospettiva di una politica e di un'amministrazione visibilmente orientata meno alle carriere personali e alle spartizioni partitiche o territoriali, e più al perseguimento del bene comune e del pubblico interesse.
5) IL CONGRESSO PROVINCIALE DEL PD: GENESI DI UNA CANDIDATURA.
5.1 - La candidatura di Donini. Virtù e limiti.
Il primo dato di fatto del congresso provinciale del PD che si terrà nelle prossime 3 settimane è la candidatura di Raffaele Donini, lungamente preparata attraverso un lavoro personale di sondaggio e di ascolto iniziato a gennaio.
Di questa candidatura giudico positivo il percorso (Donini è uscito come protagonista di una inizativa personale, non come cooptato intorno a un caminetto), lo stile (Raffaele ha un approccio alla politica e alle persone sorridente, affabile, leggero, che ho potuto apprezzare durante lo scorso mandato di consigliere provinciale, dove eravamo colleghi) e anche molti contenuti (ha sottoscritto il nostro Decalogo e ne ha ripresi alcuni temi nel suo documento congressuale, forse un po' generico).
I limiti sono altrove, e sono di due tipi. Uno personale, l'altro di contesto.
Quello personale. Raffaele è una persona squisita ma mi pare che manchi, nel suo curriculum, una qualche battaglia pubblica che lo abbia qualificato/differenziato rispetto al gruppo dirigente. Non mi pare abbia messo la faccia, o rischiato la sua posizione, per qualche causa. Questa della candidatura alla segreteria è forse la sua prima vera battaglia personale, il primo vero rischio che si prende, e di questo sono contento, perché segnala certamente una crescita e una maturazione politica. Ma la sua promessa più forte è sostanzialmente quella di essere diverso da come è stato finora. Va bene, diamogli pure fiducia.
Ma qui viene il limite di contesto, più ingombrante del primo. Donini può oggi contare su una pletora di sostenitori che comprendono - politicamente parlando - il bianco e il nero, il ghiaccio e il fuoco, il diavolo e l'acquasanta. Negli ultimi giorni c'è stato un autentico ingorgo di dichiarazioni di appoggio alla sua candidatura, da parte un po' di tutti: di quanti sono per una politica fatta da professionisti e di quanti dicono no ai professionisti della politica; di quanti vogliono le primarie e di quanti ne farebbero volentieri a meno; dei delboniani convinti dalla prima ora, e di quelli che invece erano scesi in campo come alternativi a Delbono; dei dirigenti massimi di tutte e 3 le mozioni congressuali nazionali.
Insomma, dietro al percorso virtuoso e al volto rassicurante di Raffaele, vedo raccogliersi un'anfiteatro di posizioni fintamente convergenti: come ha detto qualcuno da via Rivani, Donini è un candidato più unico che condiviso, prodotto di un sistema più bloccato che unanime.
Ma soprattutto ho il timore che Raffaele, mentre oggi incassa il sostegno di tanti (singoli, gruppi e cordate), stia di fatto contraendo debiti che finiranno per ipotecare la sua azione da segretario, e per legargli le mani il giorno in cui, armato delle migliori intenzioni, tentasse di spezzare qualche consutetudine non virtuosa.
Questa, cari amici, è l'obiezione più forte alla sua efficacia come segretario e come innovatore: l'effetto "gabbia" di un fronte troppo unanime e tattico per essere credibile. Al punto che già oggi si sente parlare, da parte di quanti si sono allineati a fatica deitro la sua candidatura, di una strategia di indebolimento da attuarsi nei suoi confronti dopo l'elezione.
5.2 - La candidatura di Licciardello: segnali e contesto.
Nel frattempo col nostro gruppo, Un Nuovo PD per Bologna, andavamo nei circoli per presentare il nostro decalogo e incontravamo persone che, pur da militanti, evidenziavano una lucidità critica verso il partito abbastanza inusuale, individuando ad esempio ormai esplicitamente nella dipendenza dalla politica, nel funzionariato e nel carrierismo quei mali che personalmente avevo pubblicamente indicati a giugno 2009, quando cercai di spiegare come un partito come in nostro mostrava di vedersi e sentirsi molto meno un attore politico e molto più un'agenzia di collocamento, specializzata in profili mediocri. 1 anno fa erano ragionamenti minoritari e difficili da fare in un circolo. Oggi molto meno.
Perché molti si stanno rendendo conto che quando a determinare le opinioni e le posizioni di gran parte del gruppo dirigente di un partito sono la necessità di restare nella carriera politica e la dipendenza economica dalla politica, allora è inutile parlare di temi programmatici, di metrotramvia o servizio ferroviario metropolitano, di welfare selettivo o meno, di qualità didattica e autonomia scolastica, di sostegno al commercio di vicinato o di asservimento al dilagare di ipermercati. E' inutle perché la discussione è falsata in partenza da logiche di affiliazione e di obbedienza, che rendono il merito del discorso secondario.
Questo ci hanno detto decine di persone in decine di incontri sul territorio, esprimendo al contempo verso il partito una forte domanda di verità e di libertà, di chiarezza nei discorsi, di coraggio e di coerenza, di capacità di essere autenticamente alternativi alla destra (non solo negli slogan, ma anche nei comportamenti, nelle scelte organizzative di partito, nell'amministrazione della cosa pubblica).
Abbiamo insomma avuto l'impressione che tra gli iscritti e i militanti inizi a diffondersi un disincanto che non si vince più con una chiamata alle armi "contro Berlusconi"; una domanda di credibilità, personale e di partito, che non si accontenta di una pacca sulla spalla e del turno al ristorante della Festa dell'Unità.
"Andate avanti" è stato l'invito più ricorrente.
Intanto intorno a noi vedevamo succedere le cose che anche voi avete visto: Donini sulla vicenda della giunta in Provincia (dove pure è capogruppo) sceglieva di tacere, mentre De Maria per il comune auspicava un candidato sindaco PD scelto fuori dal Partito; vari dirigenti gli andavano dietro plaudendo e proponendo come candidati industriali o ereditieri dai cognomi famosi, fino a un ex assessore regionale con velleità da sindaco che arrivava a candidare per questo ruolo addirittura Guazzaloca.
Ai dirigenti che fanno questi discorsi chiedo: vi vergognate forse della tessera che abbiamo in tasca? Oppure pensate che nel nostro partito ci siano solo incapaci?
Allora abbiamo scelto di fare il salto, e di correre anche noi per la Segreteria provinciale del PD. Abbiamo trovato la disponibilità di Piergiorgio, già segretario del PD del Quartiere Santo Stefano, ingegnere quarantenne con moglie, 3 figli e un lavoro solido, arrivato al PD senza aver prima militato in altri partiti (un esempio di quelle risorse nuove che il PD avrebbe dovuto attrarre, allargando i confini dei partiti fondatori). E lo abbiamo candidato.
Lo abbiamo fatto dopo aver visto ritirarsi altri potenziali candidati con più notorietà e più chances, che però hanno detto "no, grazie, non corro". Lo abbiamo fatto a costo di rimanere soli (abbiamo visto ardimentosi gruppi squagliarsi, e leader emergenti passare da toni rivoluzionari a dichiarazioni in punta di forchetta sull'importanza del candidato unitario...)
Credo che in ogni caso renderemo un prezioso servizio al partito, risvegliando un dibattito che altrimenti sarebbe stato addormentato, sdoganando il confronto dialettico come strumento di democrazia, e non come pratica satanica da aborrire. E alla fine, anche perdendo (perché non siamo pazzi del tutto, e ci rendiamo conto dei nostri limiti...) renderemo più forte anche il vincitore, che uscirà dal confronto più legittimato, e grazie a noi più libero, nell'azione da segretario, dal groviglio dei troppi fili che nel dargli sostegno finiscono anche per legarlo.
Concludo quindi come ho iniziato, invitandovi al Baraccano lunedì prossimo, e invitandovi a segnalare la vostra disponibilità ad aiutarci all'indirizzo licciardellosegretario@gmail.com oppure ai riferimenti che troverete a breve sul sito http://licciardellosegretario.wordpress.com
Viva la politica, viva il confronto schietto, forza Piergiorgio. E braccia aperte a chi decide di darci una mano in questo difficile e faticoso percorso.
Andrea De Pasquale
www.andreadepasquale.it