Bologna, 13 gennaio 2011
Cari amici,
ecco la mia nota periodica sugli eventi politici di Bologna e dintorni (trovate le precedenti sul mio sito). Rammento che per non ricevere questi messaggi è sufficiente chiedermi la cancellazione da questa lista, mentre se avete amici interessati segnalatemi la loro e-mail.
Una nota sulla newsletter del 2 dicembre, che ha suscitato molte reazioni di diverso segno. Il problema è che cercando di abbreviare questi miei dispacci (che continuano ad essere troppo lunghi), taglio tutta una serie di premesse e precisazioni che sarebbero utili a circostanziare le mie parole. Ad esempio, laddove ho criticato il rifiuto di Fazio e Saviano a dare spazio a voci alternative sul fine vita nell'ultima puntata di "Vieni via con me", ho omesso di dire che tuttavia quella trasmissione è stata coraggiosa e importante, nel panorama televisivo attuale. Così come sulla riforma Gelmini, ho dato per scontato che i tagli alla cieca sono sbagliati e non risolvono i problemi.
In generale, cerco di saltare le cose più ovvie e di concentrarmi su quello che su giornali e telegiornali non trovo, e di farlo con la maggiore essenzialità di cui sono (poco) capace, e questo mi espone a fraintendimenti.
Mi scuso anche con quelli di voi a cui non sono riuscito a rispondere: mi avete scritto in tanti, più del solito stavolta, spesso raccontandomi storie personali e riflessioni profonde, che meritano tempo e pensiero. Le ho lette e meditate, ma non sempre sono riuscito a rispondere. Grazie e abbiate pazienza.
Sei gli argomenti di questa edizione, che si conclude con un invito e un augurio.
1) LO SCONTRO CGIL – PD SU LAVORO DIPENDENTE E AUTONOMO. UN CASO DI “RAZZISMO FISCALE”.
2) POLITICA TRA VOCAZIONE E MESTIERE. PER SUPERARE IL FUNZIONARIATO A VITA.
3) GOVERNO IN BILICO: LE RAGIONI DI UNA SFIDUCIA MANCATA DI UN SOFFIO.
4) IL PD E LE PRIMARIE: ONDEGGIAMENTI NAZIONALI, TENUTA LOCALE.
5) CRISTIANI IN TERRE ISLAMICHE, LA STRAGE PROSEGUE
6) LA MORTE DEL PICCOLO DEVID. DUE PENSIERI MARGINALI.
IN CODA, UN INVITO (PROSSIMA FERMATA BOLOGNA, DOMENICA 16 ALLE 15.00) E UN AUGURIO.
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1) LO SCONTRO CGIL – PD SU LAVORO DIPENDENTE E AUTONOMO. UN CASO DI “RAZZISMO FISCALE”.
Ai primi di dicembre c’è stato a Bologna uno scontro aperto tra il segretario del PD Raffaele Donini e il segretario della camera del lavoro Danilo Gruppi sul ruolo dei privati nella gestione di servizi pubblici (nidi, scuole, welfare) e in particolare sull’ipotesi di trattamento differenziato tra redditi di lavoratori dipendenti e autonomi.
Il tema non è nuovo: già una decina di anni fa, da consigliere di quartiere, mi trovai ad affrontare la stessa questione, che riassumo così: qualcuno (allora fu la giunta Guazzaloca, ora il sindacato CGIL) pensa che sia giusto applicare un trattamento diverso, a parità di reddito ISEE (Indicatore di Situazione Economica Equivalente), tra chi ha una partita Iva (artigiani, commercianti, consulenti, precari) e chi ha una busta paga da lavoro subordinato. L’idea è che tra un dipendente e un autonomo che dichiarano entrambi un certo reddito, es. 20.000 Euro all’anno, l'autonomo vada penalizzato perché si presume che in realtà ne guadagni di più (ai tempi di Guazzaloca, l’equazione proposta era addirittura il raddoppio: ovvero una partita iva, per avere le agevolazioni di un dipendente con 20.000 Euro, doveva dichiararne non più di 10.000).
Come allora in quartiere, anche oggi sono fieramente contrario a questa idea, che ha due conseguenze: da un lato etichetta un’intera categoria di lavoratori come evasori, per il solo fatto di non disporre di un contratto di assunzione, dall’altro incita all’evasione, applicando un trattamento diverso a cifre uguali, e invitando quindi ad alterare le cifre.
Sono contento quindi della posizione di Donini, che non segue affatto una “deriva mercatista”, secondo l’accusa della CGIL, ma semplicemente applica il buon senso e un criterio di giustizia fiscale. Che in Italia, e anche a Bologna, ci sia un grave fenomeno di evasione ed elusione, e che sia da combattere, è certamente vero, e io sono d’accordo. Ma affrontare questa piaga sociale con un atteggiamento ideologico, di autentico “razzismo fiscale”, è il modo più sbagliato, perché finisce per allargare l’ingiustizia, premiando gli evasori e punendo gli onesti.
E questo atteggiamento non è degno e non è coerente con i valori di solidarietà e giustizia sociale che dovrebbero essere propri di una sinistra che vuole fare del lavoro, in tutte le sue forme, il centro delle proprie politiche.
2) POLITICA TRA VOCAZIONE E MESTIERE. PER SUPERARE IL FUNZIONARIATO A VITA.
E’ di questi giorni la notizia per cui Stefano Brugnara, presidente ARCI, ha proposto di limitare nel tempo gli incarichi retribuiti ai dirigenti ARCI, affinché non siano più “a vita” ma abbiano un mandato a termine.
E’ una iniziativa coraggiosa e apprezzabile per il forte significato di “discontinuità” rispetto alla prassi in voga, che accetta, anzi incoraggia, la "professionalizzazione" delle carriere politiche. Una professionalizzazione che genera una grave separazione tra chi vive e conosce il mondo del lavoro vero, ma si trova escluso da incarichi politici, e chi invece fa della politica il proprio mestiere esclusivo, alternando incarichi a diversi livelli (nelle Istituzioni pubbliche, nei Consigli di Amministrazione delle società Partecipate, negli organi dirigenti delle ASP, o di altri organismi o associazioni variamente dipendenti dalla politica).
Avendo io da tempo individuato nel funzionariato politico un fattore di immobilismo e di conformismo della classe dirigente, e avendo fatto negli anni passati diverse battaglie contro gli stipendi garantiti per meriti politici, non posso che auspicare che questa proposta vada avanti e venga estesa anche ad altri livelli.
In questo senso confermo l'impegno, mio e del gruppo "Verso un Nuovo PD per Bologna", a lavorare per una maggiore trasparenza nel partito, in particolare sul suo funzionariato, sia quello direttamente a libro paga, sia quello variamente collocato in enti o società pubbliche. La provincia iniziò, durante il mio mandato, a pubblicare sul proprio sito nomi, incarichi e retribuzioni dei "suoi" nominati. Bisogna estendere a tutti questa trasparenza, per fare in modo che la politica torni ad essere più un servizio civile e meno una carriera garantita alternativa a un mestiere vero. Purtroppo a sinistra fatichiamo a capirlo. E la nostra credibilità ne soffre.
3) GOVERNO IN BILICO: LE RAGIONI DI UNA SFIDUCIA MANCATA DI UN SOFFIO.
A metà dicembre, come sappiamo, il governo ha ottenuto un risicato voto di fiducia in parlamento. In proposito vi riporto una riflessione di Antonio Polito (Il Riformista, 15 dicembre).
“… La risposta pronta è: abbiamo perso perché il Caimano si è comprato un pugno di deputati. Non dico che non abbia blandito, minacciato, sedotto e forse perfino pagato qualche onorevole, in un parlamento di impiegati, di gente assunta più che eletta, e che dunque non vede alcun problema nel cambiare azienda ogni qualvolta l'offerta è migliore. Ma c'è una ragione politica più profonda della sconfitta: ed è che la somma di coloro che volevano far fuori Berlusconi non è stata mai capace di indicare, nemmeno per grandi linee, con che cosa voleva sostituirlo”.
Credo che Polito abbia ragione.
4) IL PD E LE PRIMARIE: ONDEGGIAMENTI NAZIONALI, TENUTA LOCALE.
Probabilmente mossi da una preoccupazione di scala nazionale (Vendola potrebbe sconfiggere Bersani in una consultazione per la leadership della coalizione), molti dirigenti PD hanno pensato bene, durante tutto il mese di dicembre, di esternare dubbi quotidiani sullo strumento delle primarie. L'elenco dei pentiti darebbe troppo lungo, sia a Roma che a Bologna, dove mi è dispiaciuto constatare l'arruolamento, nelle file dei detrattori delle primarie, di due figure di calibro della chiesa bolognese: don Giovanni Nicolini, mio amato maestro di esegesi biblica (non politica), e mons. Ernesto Vecchi, che mentre il cardinale Caffarra chiedeva ai parroci prudenza nei discorsi politici, dichiarava ai giornali di considerare le primarie (del centrosinistra) disorientanti per i cittadini e di auspicare la candidatura (evidentemente non nel centrosinistra) del commissario Cancellieri o dell’imprenditore Aldrovandi.
Tornando al PD, cito solo un passaggio dell'intervista di Bersani a Repubblica di venerdì 17 dicembre (data forse non casuale). Alla domanda “Siete consapevoli che per allearvi con il terzo polo dovrete rinunciare alle primarie?” il nostro segretario risponde: "In nome di una strategia che chiede a ogni forza politica di non peccare di egoismo e di dare qualcosa, siamo pronti a mettere in discussione anche i nostri strumenti. Ci interessa l'obiettivo. Poi c'è un problema che riguarda soprattutto noi: le primarie per le amministrative. Possono inibire rapporti più aperti e più larghi non solo con i partiti ma con la società civile. E possono portare elementi di dissociazione dentro il Pd che non fanno bene a nessuno. Bisogna dunque riformarle".
Questa continua masticazione di dubbi, timori e ipotesi di congelamento rispetto alle primarie, sommata alla campagna denigratoria di quotidiani nostalgici di altri metodi (dal centralismo democratico alla cooptazione dei “migliori”, che in greco si dice “Aristoi”, da cui "aristocrazia"...) ha certamente un effetto demotivante, che non incoraggia la partecipazione. Eppure questa consultazione - l'ho già detto, non voglio ripetermi - per quanto perfettibile rimane uno dei pochi strumenti in mano ai cittadini per influire sulla scelta del personale politico, e rappresenta un elemento di distinzione tra la cultura politica del centrosinistra (almeno in teoria ispirato a valori di partecipazione e democrazia) e del centrodestra (dove non ci si prova nemmeno).
I nemici delle primarie sono molti, dentro e fuori dal PD. Come ha scritto l’amico Luca Grasselli, “è evidente che la maggior parte dei leader del PD favorevoli alle primarie le vedeva molto più come una prassi di legittimazione di un candidato (individuato in altro modo dalla dirigenza di partito) piuttosto che di scelta.” E invece, come hanno scritto Paolo Serra sull'Unità e Paolo Natali sul suo blog, le attuali primarie bolognesi, a differenza di quelle passate, si sono rivelate davvero aperte (ovvero incerte nel risultato), e grazie a questo sono diventate un momento di chiarezza, di confronto tra idee, priorità amministrative, sensibilità diverse fra i tre candidati. Insomma, per chi le ha seguite si sono rivelate tutt'altro che inutili o noiose.
Di conseguenza, anche accogliendo le obiezioni di Giovanni Sartori (Corriere del 3 gennaio), che giustamente sottolinea il rischio che il corpo elettorale delle primarie (un sottoinsieme più politicizzato e motivato di quello complessivo) possa far prevalere nella competizione interna candidati "radicali" destinati a perdere nel confronto con l'avversario esterno, resto convinto che le primarie rimangano una prova di fiducia nei cittadini, in quel “popolo” a cui la nostra Costituzione affida la sovranità del paese, e che invece viene esautorato da una legge elettorale nazionale che porta in Parlamento dei nominati dai partiti più che degli eletti dai cittadini.
Per questo parteciperò al voto del 23 gennaio, e invito tutti voi a farlo. In particolare i cittadini che lamentano giustamente di essere espropriati dai partiti del diritto di scegliere i propri candidati non dovrebbero coerentemente lasciarsi sfuggire questa opportunità. Partecipare alle primarie vuol dire affermare il nostro diritto a scegliere non solo tra i candidati decisi dai partiti, ma anche chi devono essere questi candidati.
Riguardo ai cosiddetti “migliori”, prendiamo atto che putroppo non si sono sentiti di partecipare alle primarie. Segno di poca fiducia in sé stessi, oppure indice di una vena di snobismo ("non mi abbasso a tanto...") che in ogni caso non depone a favore di un carattere adatto a fare il sindaco.
Chiudo questo punto con un doveroso apprezzamento per i vertici del PD bolognese, dal segretario Donini al presidente della Direzione Licciardello, che hanno tenuto ferma la barra del timone nella direzione giusta: le primarie sono importanti, vanno rispettate nelle procedure e nel risultato. Un rispetto che è sembrato mancare ad alcuni partiti di sinistra, che da esterni alla coalizione hanno dichiarato di votare per la candidata Frascaroli ma di tenersi le mani libere se vincerà un altro. Un bell'esempio (in negativo) di coerenza e lealtà.
5) CRISTIANI IN TERRE ISLAMICHE, LA STRAGE PROSEGUE.
La sequenza di fatti di sangue "religiosamente orientati" che mi aveva colpito nei mesi scorsi e mi ha spinto a farne l'elenco nella scorsa Newsletter, è purtroppo proseguita, con 80 morti nella città di Jos in Nigeria (cristiani e mulsulmani: i primi vittime di 9 esplosioni alla vigilia di Natale, rivendicate da una setta islamista, gli altri uccisi nelle ritorsioni che sono seguite il 26). E con altri 21 morti (cristiani copti) ad Alessandria d’Egitto la notte di capodanno.
Il problema sembra ora arrivato all'attenzione dei media. Tuttavia, un po' cinicamente, penso che se tra le vittime finisse una volta un cittadino occidentale, europeo o americano, probabilmente avremmo un'impennata di interesse che, finché le vittime sono africane o arabe, fatica a farsi largo.
6) LA MORTE DEL PICCOLO DEVID. DUE PENSIERI FUORI DAL CORO.
Non doveva accadere, c'è da provare vergogna, non deve accadere più. Non ripeto qui le tante parole, largamente condivisibili, sul rischio indifferenza e sulla necessità di rivedere la capacità di intervento dei servizi sociali di Bologna (intesa però come comunità tutta, non solo come amministrazione comunale) che questa triste vicenda ha crudamente posto.
Ci sono però due considerazioni che non ho sentito, e che riguardano quelli che secondo me sono i due principali "fattori limitanti" che si sono manifestati anche in questa storia e che rendono complicato oggi aiutare chi sta male. Il primo ci limita come privati, il secondo ci limita come collettività.
Come privati cittadini mi sembra che uno degli elementi che più ci limita ad occuparci degli altri è la povertà di tempo. Lo vedo in me, lo vedo nelle persone con cui vivo e lavoro: in ogni giornata dobbiamo farci stare più cose di quelle che materialmente riusciamo a smaltire. Il risultato è che partiamo in ritardo già al mattino (avendo arretrati da ieri), e questo ci rende nervosi, ciechi e indifferenti. Al contrario, la bellezza dei miei 20 mesi di servizio civile fu proprio questa: che avevo ogni giorno ore da dedicare ai miei anziani e malati mentali, con pochi compiti predeterminati (2 o 3 ore al giorno) e per il restante la possibilità di fermarmi, di sedermi ad ascoltare, di farmi carico. Questo grazie al fatto di essere appunto un obiettore, esterno a un organico ospedaliero sempre in affanno, e quindi impossibilitato a fare quello che facevo io.
Oggi non so come sarebbe andata, se quel giorno fossi passato da Piazza Maggiore mentre Devid stava male. Certamente sarei andato di fretta, e non so davvero come mi sarei comportato. Siamo diventati molto poveri di tempo, e senza tempo è difficile prendersi cura, pensare, amare, pregare. Quando si parla del modello Marchionne (a cui volevo dedicare qualche pensiero, ma rimando alla prossima) e del mestiere di imprenditore, o di manager, ovvero organizzatore del lavoro altrui, bisognerebbe ricordarselo. Nel mio piccolo ci sto provando.
Come istituzioni pubbliche invece mi sembra che il fattore limitante più ostico, in questo caso, sia stato il rispetto (o il tabù) della libertà personale. Perché "togliere preventivamente il bambino" a una madre come Claudia avrebbe voluto dire, oltre che infliggerle un'amputazione dolorosa, fare propri una serie di assunti del tipo: “una donna che fa 5 figli con 3 uomini non è degna di essere madre; una donna a cui sono già stati tolti 2 figli non è in grado di crescerne altri; una donna che ha sbagliato continuerà a sbagliare, non può riscattarsi; una coppia in condizioni di miseria non è degna della funzione genitoriale”, e così via, scavalcando e schiacciando la loro libertà e responsabilità. E significava comminare l’ennesima condanna sociale a una donna, e una coppia, già abbastanza maltrattata dalla vita. Etichettarli come “inadeguati” con un marchio a fuoco indelebile. Togliere loro, insieme ai bambini, probabilmente l'ultima motivazione a rialzarsi, a ripartire.
Perché con il senno di poi (Devid è morto) siamo tutti bravi. Ma a priori, non è facile stabilire se una madre, o un padre, per quanto malmessi, riusciranno o meno a occuparsi di un figlio. Ho avuto una esperienza in proposito, e nel caso che ho seguito i servizi sociali hanno fatto la loro parte: con discrezione ma anche effettuando controlli a casa e coordinando le figure di supporto, operatori e volontari. Qui invece non è successo. Nel mio caso però l'aiuto era accettato, anzi richiesto. Qui la paura di perdere anche questi bambini ha spinto i genitori a mentire, a chiudersi, a scappare.
E' qui che mi prende un malessere, che cerco di esprimere in forma di domanda. In un villaggio globale che rilancia e martella il messaggio per cui il valore fondante della vita è la
libertà di "autodeterminarsi", anche a facendosi del male, anche rinunciando ad essere curati, anche gettandosi da un balcone di ospedale, (una libertà orgogliosa e solitaria, molto individualista e chiusa in sé, per nulla in relazione, per nulla comunitaria),
come faccio a convincere una come Claudia a farsi aiutare? Nel mezzo di un "buzz" (il brusio diffuso dei media e dei social network) che celebra il "diritto" ad avere un figlio anche per
Elton John e il suo compagno gay, o per
Gianna Nannini che ha generato da sola a 55 anni,
come spiego a Claudia che lei è inadeguata a tenersi il bambino? Perché meno ricca e famosa?
Nel blog di un giornale bolognese qualcuno ha scritto: l'interruzione di gravidanza è gratis, poteva permettersela anche lei. Capisco il ragionamento di “igiene sociale”, non mi straccio le vesti, ma faccio notare che
Claudia voleva essere madre (quindi ritorniamo al tema libertà), e che è difficile conciliare lo scandalo inorridito per un bambino morto a 23 giorni con la normalità della sua possibile eliminazione appena 150 giorni prima (era nato infatti prematuro, di 8 mesi). E ho l’impressione che anche puntando (e sarebbe auspicabile, certamente) ad una prevenzione a monte di gravidanze in queste circostanze, la lacuna qui non riguardi l'educazione sessuale nel senso di "conoscenze tecniche", ma nel senso di consapevolezza e responsabilità. Perché c'è sempre una libertà di mezzo, ed è quella che andrebbe educata.
La speranza è che almeno questa terribile vicenda dia una scossa alla nostra comunità cittadina, e contribuisca a riaccendere il fuoco della solidarietà e dell'attenzione agli ultimi.
IN CODA, UN INVITO E UN AUGURIO.
L’invito è a partecipare,
domenica prossima 16 gennaio, all’iniziativa “Prossima Fermata Bologna” che si tiene dalle 15.00 alle 18.30 al Nuovo Cinema Nosadella. Con tutti i limiti, mi sembra che il gruppo di persone che anima l’iniziativa “Prossima Italia”, che a dicembre si è riunito alla stazione Leopolda di Firenze, rappresenti una speranza per il rinnovamento della politica in generale e del PD in particolare.
L’augurio, che prendo a prestito da un amico prete, può apparire tardivo rispetto alle festività appena trascorse, ma riguarda il messaggio perenne incluso nel Natale cristiano, ricevibile in molti suoi significati anche senza condividere la fede nella natura divina di quel bambino nato da una coppia migrante.
È il messaggio della scelta affascinante di Dio (o, agnosticamente, della narrazione affascinante di uomini riguardo a un Dio) che ha deciso di nascere da una donna, carne da carne,
per una comunicazione esistenziale che non esigesse grandi studi per essere compresa, perché potesse essere un segno universale, valido e decifrabile in ogni cultura: sii felice perché Dio ti ama, e ti ama con una grande delicatezza, assumendo la fragilità per accogliere e condividere ogni tua fragilità.
Per questo possiamo
sconfiggere ogni nostra paura e solitudine, e lottare con speranza, perché nulla è impossibile a un Dio che nasce in una stalla. Non è l’oppio dei popoli, è piuttosto il suo contrario.
Buon anno a tutti.
Andrea De Pasquale
www.andreadepasquale.it