Cari amici,
rieccomi alla prima nota periodica sulla politica bolognese del 2012. Trovate le precedenti sul mio sito. Rammento che per non ricevere questi messaggi è sufficiente chiedermi la cancellazione da questa lista, mentre se avete amici interessati segnalatemi la loro e-mail.
A conclusione della lettera di dicembre, dedicata ad una valutazione tecnica del progetto di People Mover, avevo accennato all’utilità di una lettura politica della vicenda. A questa lettura è principalmente dedicata questa newsletter, oltre che a un paio di altre questioni riemergenti nel PD (rapporto con l’associazionismo gay e con le primarie).
Questi dunque gli argomenti del mese:
1) SOMMOVIMENTI DIETRO AL PEOPLE MOVER. UNA LETTURA POLITICA.
A) Il rapporto tra tecnici e politici: posizione fragile e “guinzaglio corto”
B) Le dinamiche interne al PD: l’odg del 7 dicembre su “Infrastrutture di mobilità”.
C) PD e SEL: uno scambio all’ombra della monorotaia.
D) Sui grandi progetti, a chi risponde il PD? Chi governa Bologna?
2) ASSOCIAZIONISMO GAY: DAL RISPETTO ALLA TUTELA SPECIALE.
3) PD E PRIMARIE. UN RAPPORTO ANCORA DIFFICILE.
Ma andiamo con ordine.
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1) SOMMOVIMENTI DIETRO AL PEOPLE MOVER. UNA LETTURA POLITICA.
A) Il rapporto tra tecnici e politici: posizione fragile e guinzaglio corto.
Uno dei punti chiave del dibattito sul People Mover riguarda l’utilità di affidare ad un ente terzo specializzato (esterno all’amministrazione locale) la valutazione tecnica del progetto (vedi sotto al punto B la sorte di un emendamento in tal senso).
Chi si oppone al coinvolgimento di terzi afferma di difendere in tal modo la dignità e la credibilità dell’apparato tecnico in forze alle pubbliche amministrazioni locali. Ma qual è il rapporto attuale tra tecnici e politici nelle nostre amministrazioni? Come è cambiato negli ultimi anni? Attingo in proposito da alcune riflessioni che mi arrivano da amici che lavorano “nel profondo della Pubblica Amministrazione”.
Una delle conseguenze dello “spoil system” (la possibilità per il politico di nominare dirigenti di propria fiducia) è la necessità, per il tecnico, di mantenere con la politica un buon rapporto, senza il quale rischia di avere problemi di carriera e anche di lavoro. Non discuto qui l’opportunità o meno di tale sistema, pensato per evitare che il politico si trovi prigioniero di un apparato dirigenziale refrattario, fatto di burocrati che lo guardano dall’alto della propria inamovibilità, in grado di sterilizzare ogni sua iniziativa (la sensazione è che in alcune amministrazioni centrali sia in buona parte ancora così). Rilevo soltanto che il rimedio applicato non è privo di controindicazioni. Perché con il sistema della nomina fiduciaria il “bravo tecnico” risulta quello che riesce meglio a giustificare la decisione già presa dal politico, magari in base a valutazioni legate al consenso, alle alleanze, ad interessi esterni da tutelare, senza valutazione costi-benefici, senza approfondimenti davvero “tecnici”, senza metodi di comparazione oggettivi e verificabili. Perché a guidare il processo sono appunto accordi o convenienze politiche, che vengono prima delle valutazioni tecniche, e rispetto alle quali i tecnici sono chiamati a un lavoro di copertura e rivestimento posticcio.
Alcune fonti mi dicono che in alcuni paesi (ad es. la Germania) non si finanzia nulla (con risorse pubbliche) che non sia passato da una seria "valutazione costi-benefici", verificata e certificata da una struttura terza indipendente che fa capo ad un qualche istituto universitario (per i trasporti, l'Università di Stoccarda). Da noi invece questo non accade. In più, nella scia dei tagli alla spesa da un lato, e del “guinzaglio corto” della politica dall’altro, negli ultimi anni ai tecnici è stato sempre più “sconsigliato” di partecipare a incontri pubblici, a viaggi di istruzione, a momenti di formazione, se non a supporto della politica. Il tecnico, insomma, è caldamente invitato a non intrattenere rapporti né con la cittadinanza, né con la comunità scientifica o con reti di colleghi tecnici in altre città, e proprio vuole farlo, deve farlo clandestinamente, fuori orario di lavoro, a proprie spese.
Questo evidentemente non aiuta né la qualità né l’indipendenza del lavoro dei tecnici. Che vengono a trovarsi in una posizione debole e ricattabile, e sono spinti ad un atteggiamento compiacente e conformista rispetto alle “priorità della politica”. (Esemplare in proposito la scena vista ad un meeting politico di qualche mese fa, dove ho potuto osservare una esibita complicità amicale non solo tra dirigente e amministratore, ma addirittura tra le rispettive mogli).
In questo quadro, forse non sono casuali le parole di un giovane dirigente del PD locale, che alla direzione del 7 dicembre – dedicata appunto alle infrastrutture - ha detto riguardo al People Mover: “I tecnici devono solo approvare un’opera politicamente decisa. I costi della politica da tagliare sono quelli dell’indeterminazione”. Chiaro il messaggio?
B) Le dinamiche interne al PD: l’odg del 7 dicembre su “Infrastrutture di mobilità”.
Per capire come si formano gli orientamenti e decisioni, in materia di urbanistica e trasporti (ma non solo), mi sembra interessante ripercorrere lo svolgimento della Direzione provinciale del PD dello scorso 7 dicembre, dedicata appunto alle infrastrutture di mobilità (viabilità, trasporto pubblico, Servizi Ferroviario Metropolitano, Civis, People Mover, pedonalizzazione), e la formazione del documento finale.
Quanto vado raccontando, è osservabile (sia pure con un pessimo audio) sul sito www.pdbologna.org/PDBo.tv/Sedute-della-Direzione/ mentre sul mio sito potete trovare una copia del documento finale, con traccia delle varie redazioni e degli emendamenti accolti e rifiutati.
Come antefatto, va detto che il Forum Territorio Sostenibile dello stesso Partito Democratico, che si occupa anche di Mobilità, al quale sono iscritto, non viene minimamente coinvolto nella preparazione del documento. Niente nella mailing list del Forum, dove pure passano ogni settimana 3 o 4 messaggi (di incontri, convegni, iniziative), niente nella pagina web “Urbanistica – Mobilità” nella sezione Forum sul sito pdbologna.org (dove mentre scrivo campeggia ancora l’incontro del 12 febbraio 2009 di Flavio Delbono con quartiere Santo Stefano). Incidentalmente, faccio notare che i Forum tematici dovrebbero essere gli strumenti per “la libera discussione e la partecipazione alla vita pubblica” che secondo lo statuto del PD, art. 23, “producono materiali utili alle decisioni e all’iniziativa politica del Partito Democratico”.
Come fatto, lunedì 5 dicembre (2 giorni prima della Direzione) arriva ai membri della direzione una proposta di ordine del giorno (testo nero nel documento sul mio sito) che sembra scritto dall’addetto stampa dell’assessore Andrea Colombo, in quanto fotografa i punti contingenti della polemica di quei giorni (in particolare la pedonalizzazione del centro storico di Bologna) promuovendoli a linee strategiche per la mobilità cittadina e metropolitana (la Direzione infatti è organo provinciale). Particolare stupore mi desta la notizia secondo la quale il testo sarebbe stato redatto con un forte contributo di Paolo Natali, amico di vecchia data ma soprattutto espressione, all’interno dell’Esecutivo provinciale, della minoranza congressuale (di cui entrambi abbiamo fatto parte), quindi di una posizione non pregiudizialmente allineata.
Il testo prosegue raccontando cose abbastanza sorprendenti per chi ha seguito in questi anni il tema della mobilità a Bologna. Dice ad esempio che la Metrotramvia è diventata infattibile a causa del patto di stabilità e dei tagli del governo (io ricordo invece che già prima risultava, a detta di tutti i tecnici “non ingaggiati”, insensata dal punto di vista trasportistico e urbanistico). Sul Civis il documento “giudica saggia e responsabile la decisione di sospendere l’esecuzione delle restanti opere civili”, prendendo atto “delle molte incertezze”, e scoprendo, come Alice nel paese delle Meraviglie, che “come pare ormai assodato, il mezzo è inadeguato per diversi motivi” (peraltro gli stessi segnalati da anni dai Comitati, e sempre negati dai tecnici comunali e di ATC).
Ma è sul Servizio Ferroviario Metropolitano (SFM) e sul People Mover che il documento dà il meglio di sé. Sul SFM, di cui ovviamente “sostiene il valore strategico” (è uno slogan inossidabile da 20 anni), omette di citare le opere mancanti (le stazioni in città, il raddoppio di binari, ecc.) che richiedono scelte urbanistiche impegnative; evita di elencare, tra i luoghi da collegare, i cosiddetti “poli attrattivi”, tra cui il Sant'Orsola Malpighi (che con oltre 20.000 accessi al giorno aspetta ancora la stazione promessa negli accordi del 2002 come contraccambio dell'espansione edilizia dell’ospedale, questa puntualmente realizzata). Il motivo è chiaro: tra i poli attrattivi rientrano Aeroporto e Stazione, che “la politica” ha deciso di connettere con il People Mover, e che invece i contrari a quest’opera vorrebbero collegare appunto con la ferrovia: guai se il documento ufficiale del PD, richiamando le finalità originarie del SFM, finisse per legittimare indirettamente la ferrovia quale alternativa alla monorotaia!
E veniamo al People Mover, vera preoccupazione sottesa al documento, che viene appunto trattato così:
(Il Partito Democratico, ndr) “…Conferma l’utilità del People Mover quale mezzo di collegamento veloce, efficiente e dedicato... Auspica che il Comune proceda al più presto all’approvazione del progetto esecutivo dell’opera in modo da poter dare avvio al lavori all’inizio del prossimo anno, una volta ricevuti e ritenuti soddisfacenti tutti i chiarimenti che sono stati richiesti al concessionario… Sottolinea che l’istruttoria pubblica [richiesta con 3.700 firme di cittadini, ndr] è estranea al procedimento di approvazione del progetto esecutivo, di competenza della giunta, e non tale quindi da giustificare una moratoria…”
Insomma, avanti tutta con l’opera. Fino al paradosso di dare appoggio politico al diniego (finora spacciato come meramente tecnico, giuridicamente dovuto) di una istruttoria pubblica.
Ma non è finita. Per legittimare l’opera, e segnare un ulteriore punto a favore suo e a scapito del SFM, il testo arriva a proporre l’allungamento del People Mover dalla stazione alla Fiera, come possibile alternativa al collegamento ferroviario (linea SFM 6, già oggetto di uno studio di fattibilità della Provincia). Qui occorre una breve parentesi tecnica: se un aeroporto ha picchi di qualche centinaio di persone all'ora, che come abbiamo visto (nella newsletter di dicembre) il People Mover già fatica a smaltire, una fiera nell’orario di apertura di una manifestazione arriva a 8-10 mila persone all’ora, sia pure per pochi giorni all'anno: l’idea di servirla con una infrastruttura dedicata a portata rigida e ridotta come un People Mover sarebbe come servire uno Stadio con una seggiovia. E’ del tutto evidente che la scelta di mettere sullo stesso piano – in un documento ufficiale del PD - un treno che porta centinaia di passeggeri, e una cabina che ne porta 30, può spiegarsi solo con finalità di tipo propagandistico, non programmatico.
Infine, sulla Mobilità Urbana, il documento rivela di essere stato scritto su pressione dell'attualità politica, laddove indica come priorità la mobilità pedonale e ciclabile: soluzione questa funzionante, nel migliore dei casi, per chi deve muoversi in centro storico o su brevi tratti, ma non certo per attraversare la città e tantomeno il territorio metropolitano.
La lettura politica del documento è quindi la seguente: il Partito Democratico, nel suo organo di direzione politica provinciale, sceglie per sé il ruolo di maggiordomo della giunta del capoluogo (e forse non solo di quella, come vedremo oltre), e sostanzialmente dichiara: "tutto bene madama la marchesa".
Personalmente non sono d’accordo, e nella serata dello stesso giorno (lunedì 5 dicembre) invio alla direzione un testo alternativo. Nei due giorni seguenti mi lascio convincere a puntare su emendamenti al testo ufficiale piuttosto che a un ordine del giorno in dissenso. In effetti, alcune delle mie obiezioni vengono recepite nel testo ufficiale presentato in direzione il 7 sera (testo in rosso nel documento sul mio sito). Sulle restanti, preparo una decina di emendamenti (testo in blu nel documento sul mio sito), di cui si farà portavoce il presidente della Direzione, Piergiorgio Licciardello.
Questi emendamenti però vengono quasi tutti respinti (ad opera dello stesso Natali, al quale il segretario Raffaele Donini ha delegato il giudizio, compagno in passato di alcune battaglie, ma evidentemente non di questa). Vediamo i più importanti.
Al punto 4 (SFM) viene respinto come “tecnicismo barocco” l’elenco delle opere mancanti sulla linea Vignola-Bologna-Portomaggiore (allungamento banchine, interramento predisposto al raddoppio dei binari, stazione S. Orsola).
Al punto 5 (Connessione Stazione – Fiera), viene respinto il concetto per cui “davanti a progetti impattanti e difficilmente reversibili, si raccomanda di promuovere, come prassi ordinaria, quella per cui la pubblica amministrazione abbia il ruolo di definire l’esigenza, gli attori economici e sociali il compito di presentare soluzioni, e un ente tecnico terzo e imparziale il compito di effettuare una valutazione comparativa tra le diverse soluzioni possibili”.
Respinta anche, nello stesso punto, la frase “L’adozione di una procedura come quella qui ipotizzata, nel caso del Civis, avrebbe tutelato l’amministrazione rispetto al rischio di investire risorse in un’opera di cui, ad oggi risulta dubbia la possibilità di completamento”.
Al punto 6 (People Mover), vengono bocciati senza appello 3 emendamenti: il primo che sostituiva l’espressione “conferma l’utilità del People Mover quale mezzo di collegamento…” (praticamente uno spot pubblicitario di quel prodotto) con una frase più di indirizzo come “conferma il valore strategico di una connessione veloce tra Stazione e Aeroporto…”. Il secondo che affermava: “Auspica che il comune proceda ad ottenere tutti i chiarimenti che sono stati richiesti al concessionario, con particolare riferimento alla capacità e all’espandibilità del sistema, anche in relazione all’andamento irregolare della domanda”, che come abbiamo dimostrato è il punto debole di tutto il piano trasportistico. Il terzo che invitava “a considerare l’utilità di un completamento della stazione SFM Borgo Panigale Scala, distante meno di un km dall’Aerostazione attuale, e ancora più vicina al Terminal Passeggeri di prossima costruzione, in funzione non alternativa ma sussidiaria rispetto al People Mover”. Niente da fare.
Viene accolta invece, al punto 12 (Mobilità), l’integrazione che dice “prestando massima attenzione alla sicurezza, all’efficienza e alla riduzione dell’impatto ambientale di tutti gli spostamenti”.
Illuminante infine la motivazione con cui viene respinto l’emendamento che, al punto 13 (Pedonalizzazione del centro storico), diceva “il Piano andrà coniugato con l’esigenza di non penalizzare chi nel centro storico vive e lavora”. L’attenzione a chi in centro vive e lavora è implicita nella proposta della giunta, spiega Natali. Chiedere specificamente questa attenzione equivarrebbe ad accusare l’assessore di essere disattento. Quindi, emendamento irricevibile.
C) PD e SEL: uno scambio all’ombra della monorotaia.
Sul People Mover, tra settembre e novembre il gruppo consiliare che unisce SEL (Sinistra, Ecologia e Libertà) e la lista civica Amelia per Bologna, ha tenuto un atteggiamento fortemente vigile e anche critico. Nei giorni precedenti la direzione, sul tema si è invece registrato un improvviso ammorbidimento da parte della capogruppo, Cathy La Torre. Della cosa mi ero accorto ma senza rifletterci più di tanto.
Poi accade che Sergio Lo Giudice, capogruppo del PD, nel suo intervento la sera del 7 dicembre ha rivendicato questo mutato atteggiamento come un importante obiettivo politico raggiunto.
Dato che per ammissione degli stessi assessori (Matteo Lepore e Andrea Colombo) non esistevano a quel momento documenti, notizie o materiali nuovi riguardo al People Mover (“Abbiamo chiesto approfondimenti, siamo in attesa di risposte” era il ritornello di quei giorni e anche di quella sera), si è fatta più forte la curiosità su cosa avesse indotto a miti consigli La Torre, a capo di un gruppo consiliare dove l’unico a mantenere alta la soglia di attenzione era il giovane consigliere Lorenzo Sazzini (eletto nella lista civica di Amelia), col quale abbiamo infatti realizzato il dossier Aerobus – BLQ.
Caso vuole che in quelle stesse settimane si consuma in Comune la spaccatura sulla Consulta per la famiglia. Sulla quale, contro il disposto regolamentare per cui l’ammissione di nuovi membri avrebbe dovuto essere valutata e deliberata dagli stessi componenti della Consulta, passa la volontà dell’amministrazione di imporre, ad una consulta di orientamento contrario, l’ingresso di una associazione omosessuale, con conseguente abbandono per protesta di una decina di associazioni storiche.
Dato che la battaglia per l’inserimento delle associazioni è stata condotta in prima persona proprio dalla capogruppo di SEL La Torre, che condivide con il capogruppo del PD Lo Giudice la militanza nell’associazionismo gay, non è difficile immaginare uno scambio politico: l’appoggio del partito di maggioranza alla battaglia per l’ingresso delle associazioni gay nella consulta della famiglia, in cambio di un ammorbidimento di SEL sulla monorotaia. Malizioso come accostamento? Forse. Però la sequenza dei tempi lascia pochi dubbi.
D) Sui grandi progetti, a chi risponde il PD? Chi governa Bologna?
La cosa che la sera del 7 dicembre più mi ha infastidito (ma sono solo io a vederla?) è l’ipocrisia all’opera in quel documento e in quella riunione di direzione.
Chiamo ipocrisia, rispetto al SFM, lo stile "ne parlo, ne parlo, ma evito accuratamente di impegnarmi" che è nuovamente emerso. Quelli respinti come tecnicismi barocchi erano semplicemente i punti critici che da 10 anni sono trascurati e che fanno la differenza tra un sistema di trasporto competitivo (con vari punti di interscambio, con garanzie di scalabilità futura, ecc) e un sistema residuale, buono per i convegni ma mai messo effettivamente in priorità. Dire per la settecentocinquantasettesima volta che l'SFM è strategico ma accettare che gli interramenti, i sottopassi e le banchine siano fatti in modo da rendere impossibile raddoppio di linee e allungamento dei convogli è ipocrita.
Chiamo ipocrisia, rispetto alla Metrotramvia, dire oggi che non si può fare a causa della crisi economica e dei tagli alla spesa pubblica, dopo avere avversato il progetto quando a proporlo era Guazzaloca, dopo averlo sostenuto quando a governare era Cofferati, e dopo averlo progressivamente abbandonato da Delbono in poi, sempre a prescindere dai numeri, dalle analisi, dalle valutazioni tecniche.
Chiamo ipocrisia, rispetto al Civis, definire utili alla città le opere stradali realizzate (che nei fatti hanno prodotto un rallentamento degli autobus e maggori difficoltà per i ciclisti), e cadere dalle nuvole davanti a problemi tecnici (come la guida ottica) da sempre noti e mai verificati. In proposito, nella seconda metà di dicembre sono usciti stralci delle perizie dei tecnici della Procura (sul Civis è in corso un’indagine penale), che hanno definito “abusivo” l’avvio dei cantieri del Civis in assenza di certezze sulla omologazione del mezzo: “Appare rilevante che si sia consentito, in assenza di una previa validazione del progetto, con l’ottenimento del prescritto nulla osta definitivo, il concreto avvio dei lavori con il rischio, poi concretamente verificatosi, di una possibile bocciatura del sistema… Nonostante chiare previsioni di legge e atti di di gara, e nonostante si fosse pienamente consapevoli che la tecnologia non era standard e che le forniture e il sistema di via guidata avrebbe potuto risultare inutilizzabile in assenza dl nulla osta del Ministero sulla sicurezza, il contratto di appalto è stato stipulato prima del rilascio definitivo e senza alcuna certezza”. (Corriere di Bologna, 24 dicembre). Ricordo che per il Civis sono già stati spesi 102 milioni di Euro, e i 50 mezzi acquistati sono da 3 anni parcheggiati al CAAB sotto il sole e sotto la neve.
Quale mai sarà il motivo della “fretta” con cui ieri si è dato avvio in modo temerario ai cantieri del Civis? Che abbia qualcosa a che fare con l’odierna preoccupazione – palpabile nella direzione del 7 dicembre e nel documento che ne è sortito – a chiudere il dibattito sul People Mover e a “dare avvio ai lavori” prima possibile? Non è che in questa fretta e in questa preoccupazione si possano leggere le forme odierne (diverse dal vecchio collateralismo) di una particolare considerazione di questo partito verso il mondo delle cooperative edilizie, duramente colpite dalla crisi ma dirette beneficiarie di questi appalti (il CCC era l’attuatore del Civis e lo sarà del People Mover)? E sarà proprio un caso che una parte consistente del personale politico ed amministrativo bolognese degli scorsi decenni, uscito dalla scena della politica attiva, sia oggi stabilmente collocato in posizioni dirigenziali all’interno di quello stesso mondo cooperativo? E un tale “cursus honorum”, storicamente verificato, non potrebbe avere qualche influenza sulle scelte e sulle priorità del personale politico e amministrativo attuale?
Sono domande difficili, anche irritanti, me ne rendo conto. Ma dovremo pur farcele, ogni tanto.
Anche perché, accanto a scelte amministrative (Civis, People Mover) che sembrano tenere molto, anzi moltissimo conto delle esigenze industriali ed occupazionali di una certa componente dell’economia cittadina (coop edificatrici e di grande distribuzione), eccone altre (la pedonalizzazione) che mostrano al contrario un forte distacco, direi un olimpico disinteresse per gli effetti su impresa privata, commercio, artigianato e professioni. Per essere più chiaro: se il piano della mobilità, con lo stop alle due ruote nella T, riduce il centro a luogo di passeggio e danneggia le attività di commercianti, artigiani e professionisti, nessun problema: c’è sempre un bene maggiore da tutelare, e pazienza se la spesa si sposta negli Ipermercati di periferia.
In conclusione, dentro quella sala la sera del 7 dicembre, e dentro quel documento lì approvato (non da me: ho votato contro), ho visto scorrere un film già visto molte volte. E’ stato il film di Cofferati, ottimo sindaco e ottimo candidato a succedere a sé stesso, se non fosse stato impedito da Edoardo, il figlio di 1 anno. E’ stato il film di Delbono di cui, prima della Cinzia, nessuno nel partito poteva sapere né sospettare nulla.
Un partito che va avanti con il motto “cercare scuse e raccontarsi balle” non sarà mai in grado di affrontare i problemi nella loro vera dimensione. Un partito che non sa, o non vuole, dirsi la verità sul perché delle cose, non guarirà mai da un certo strabismo. E se Bologna è ferma, un po’ lo si deve anche a questa ipocrisia, a questo strabismo. Perché è sempre colpa di altri e di altro, mai del metodo con cui abbiamo gestito le priorità e i progetti, a partire da quelli di mobilità.
In fondo, la direzione dello scorso 7 dicembre non fa altro che proseguire esattamente in questa strada: racconta una storia in cui la colpa è ancora di Edoardo. E lo fa in modo quasi candido, in diversi episodi: quando alcuni giovani virgulti del partito prendono la parola per una difesa intemerata del People Mover, pur dichiarando di non conoscere il progetto (ma sono dipendenti, diretti o indiretti, di quel mondo cooperativo che ha bisogno di costruirlo). O quando un assessore, alla mia domanda “Ma secondo te su un progetto di monorotaia o di filobus a guida vincolata ne capisce più un tecnico comunale che di progetti simili ne vede uno in vita sua, o studi di progettazione e certificazione che ne vedono decine ogni anno da Tokio a Buenos Aires?” mi risponde “I privati rischiano sempre di volerti vendere qualcosa per loro interesse, mentre il dirigente pubblico è per definizione imparziale”.
Più chiaro di così! Per definizione il privato è avido ed egoista, mentre il pubblico è disinteressato e onesto. Per definizione certe attività economiche, gestite da imprese cooperative, sono “di interesse collettivo” e “di valore sociale”, mentre negozi, studi professionali e imprese private “guardano al profitto”, hanno “interessi di parte”. Chiedo scusa, non ci avevo pensato. Ora ci farò caso, e starò più attento. E guardando le opere incompiute del Civis, e il fiume di automobili che intasa stabilmente le nostre strade, potrò anch’io orgogliosamente dire: “Tutto questo è frutto di tecnici imparziali operanti per il pubblico interesse”.
(Ultim’ora: apprendo oggi dalla stampa che Paolo Natali diventa vicepresidente della nuova società pubblica nella quale si sono fuse ATC e FER. Gli auguro buon lavoro e confido che eserciti questo nuovo e prestigioso ruolo con coraggio e onestà. Al tempo stesso, questa notizia mi aiuta a capire diverse cose narrate sopra).
2) ASSOCIAZIONISMO GAY: DAL RISPETTO ALLA TUTELA SPECIALE.
Le vicende legate alla comunità gay stanno influenzando non poco la cronaca politica cittadina. Dopo la vicenda della Consulta della famiglia, che si è incrociata con il People Mover, ecco un altro caso più recente.
Su Repubblica Bologna di domenica 22 gennaio il capogruppo del Partito Democratico nel consiglio comunale di Bologna, Lo Giudice, risponde al collega Bignami, che aveva sollevato il problema del trattamento economico di favore riservato dal Comune al Cassero, circolo gay legato all'Arci che occupa la Salara, il prestigioso immobile che il comune pare concedergli gratuitamente, oltre a pagarli anche le utenze (per un totale di circa 90.000 € all’anno): e questo a fronte di un giro d’affari sviluppato dallo stesso Cassero di oltre 1 milione e 600 mila Euro (tra feste, concerti, bar, ecc), con un utile consistente (circa 150 mila Euro).
Anziché affrontare il tema di come il Comune gestisca il denaro pubblico (finanziando, in questo caso, attività ampiamente commerciali), il consigliere e capogruppo Lo Giudice, orgogliosamente (e rumorosamente) gay, risponde al collega Bignami con questa dichiarazione: “Ma cos'è questa ossessione Galeazzo? non è che c'è dietro un compagno delle medie (o un camerata del fronte della gioventù) che non ti filava pari?"
Quindi – è la chiave di lettura proposta dall’uomo che guida gli eletti del PD in Consiglio Comunale - il consigliere di opposizione non pone una questione di pubblico interesse, ma esprime semplicemente una propria frustrazione personale, una omosessualità delusa e repressa.
Domanda: cosa avremmo pensato (e cosa avrebbero detto le associazioni gay, e in prima fila Lo Giudice) se il caso fosse avvenuto a parti invertite? Ovvero, se un politico eterosessuale, alla domanda di un collega gay su come la sua maggioranza amministra i soldi, avesse risposto alludendo alle supposte frustrazioni sessuali personali del richiedente?
E cosa dicevamo, noi del PD, quando Berlusconi, da noi criticato per i criteri discutibili con cui distribuiva candidature, cariche e regali alle “Olgettine” (le escort che allietavano le sue serate), rispondeva con battute del tipo: la vostra è solo invidia perché avete intorno donne brutte e "intrombabili"?
Dalla richiesta di rispetto da parte dell’associazionismo gay stiamo forse passando alla rivendicazione di un diritto ad una tutela speciale, a un trattamento di favore? E davanti a domande legittime, si passa addirittura a espressioni di bullismo omosessuale?
3) PD E PRIMARIE. UN RAPPORTO ANCORA DIFFICILE.
A fronte della recente bocciatura, da parte della Corte Costituzionale, dei referendum in materia elettorale, che puntavano a cancellare l’attuale legge (il Porcellum, che con le liste bloccate consegna interamente ai partiti la scelta dei rappresentanti da eleggere, sottraendola agli elettori), si è avvertita da un lato la necessità di rilanciare l’iniziativa politica per una nuova legge elettorale, dall’altro molti di noi hanno ritenuto opportuno, come Partito Democratico, darci come regola il metodo delle primarie anche per la scelta dei candidati al parlamento.
Purtroppo questa seconda richiesta è sordamente osteggiata anche nel nostro partito. Lo ha dimostrato l’andamento dell’Assemblea Nazionale tenutasi lo scorso 20 e 21 gennaio, alla quale Salvatore Vassallo e Pippo Civati si sono presentati con una proposta di regolamento per le primarie, che si è fatto di tutto per non mettere in votazione. Potete trovare una cronaca di quanto avvenuto alla pagina: http://www.salvatorevassallo.it/taccuino-2/633-priorita-e-subordinate
A conferma del difficile rapporto tra PD e uno strumento che, se praticato fino in fondo, consegna all’elettorato la scelta del personale politico, sottraendola ai dirigenti di partito, va raccontata brevemente l’esperienza delle primarie a Porretta, tenutesi lo scorso 27 di novembre.
Anche in quel caso il PD, dopo aver imposto un candidato unico di partito (evitando quindi che la consultazione servisse a misurare il consenso tra diverse figure interne allo stesso PD), ha mobilitato le truppe, con tanto di azione telefonica a tappeto a tutte le famiglie di Porretta, gestita direttamente da via Rivani, la sede della Federazione Provinciale. Il risultato è stato che il candidato sostenuto dal PD, Gherardo Nesti (65 anni, già sindaco negli anni ‘80) ha doppiato lo sfidante, Igor Taruffi, 22 anni, candidato di SEL (circa 700 voti contro 350).
Si tratta, come hanno commentato diversi amici, di un modo di fare le primarie aggirandone la logica. Che sarebbe quella di consegnare le chiavi della scelta del candidato non al gruppo dirigente, ma agli elettori.
Capisco che il risultato positivo, anche in termini di partecipazione, abbia portato grande soddisfazione ai tanti militanti che si sono impegnati, tra cui il segretario di Porretta, l’amico Simone Contro. Senza nulla togliere alla nobiltà dell’impegno nella propaganda e nella mobilitazione al voto, bisogna però avere chiaro che il senso delle primarie non sarebbe esattamente questo.
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Anche questa volta sono stato lungo. Chiudo qui, e alla prossima.
Andrea De Pasquale
www.andreadepasquale.it