Bologna, 2 dicembre 2010
Cari amici,
ecco la mia nota periodica sugli eventi politici di Bologna e dintorni (trovate le precedenti
sul mio sito). Rammento che per non ricevere questi messaggi è sufficiente chiedermi la cancellazione da questa lista, mentre se avete amici interessati segnalatemi la loro e-mail.
Poiché da quando sono membro della direzione del PD tendo a raccontare le vicende e le dinamiche del partito, e questo non sempre interessa a tutti, questa volta ho pensato di dividere in due parti il mio resoconto. Nella prima (questa), parlo di temi generali e NON del PD. Nella seconda, che invio a seguire, parlo SOLO del PD e della vicenda primarie. Questa prima parte ha 4 argomenti:
1. Università, riforma, proteste. Chi sono i "ladri di futuro"?
2. Tendenze nazionali: ristoranti aperti ai cani ma vietati ai bambini.
3. Cristiani nel mondo, mattanza silenziosa
4. Libertà di cura, Fazio, Saviano come Emilio Fede.
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1. Università, riforma, proteste. Chi sono i "ladri di futuro"?Se siamo d'accordo con Vendola, che definisce le proteste studentesche di questi giorni "uno squarcio di luce nella notte berlusconiana", contro "una legge inutile e dannosa, che va immediatamente ritirata", perché toglie il futuro ai giovani e umilia la cultura; se la pensiamo così e non aggiungiamo altro, vuol dire che siamo per difendere lo status quo. Perché riteniamo che, respinta la legge e lasciate le cose come stanno, i giovani avranno un futuro luminoso, e la cultura continuerà a fiorire, come già sta facendo.
Io non ci sto. Vendola ha torto e i ragazzi sono ingannati. Perché il "furto di futuro" è già in atto, e non da oggi, e il primo ladro è proprio la nostra università, castale e baronale, dove chi è riuscito a entrare tra i docenti (con i criteri selettivi che sappiamo) non dovrà più, per tutta la vita, di dare alcuna prova di impegno, di merito, di qualità, dove la carriera è automatica e garantita, dove la docenza diventa solo un blasone da esporre nella targa dello studio privato. Quando ero a Giurisprudenza, ho visto corsi dove il titolare di cattedra a stento è apparso una o due volte a fare lezione: per il resto le delegava a ragazzi di pochi anni più anziani di noi studenti, neolaureati che leggevano dispense ad alta voce mentre loro, i professori avvocati, erano impegnati nella loro professione.
Una università dove ancora oggi abbiamo corsi di laurea fantasiosi e cattedre inventate, rettori regnanti per decenni e docenti che passano la cattedra ai figli come titolo ereditario, e naturalmente, a corrispettivo, un precariato esteso fino alle soglie dei 40 anni, da cui si esce spesso più per meriti di obbedienza che di ricerca.
Allora io non ci sto a difendere l'esistente. E non ci sto a buttare in blocco una riforma che ha sicuramente tanti torti, ma anche alcuni meriti, laddove ad esempio pone un limite di 2 mandati (8 anni) ai rettori, che lega l'avanzamento di carriera dei docenti ad una relazione sul proprio operato, da presentare ogni 3 anni, e che obbliga i docenti a dedicare alla didattica una soglia minima di ore all'anno.
Mi piacerebbe poi discutere un po' del mantra per cui la parola "azienda" debba suscitare nella sinistra brividi di orrore. L'azienda non è solo il luogo del bieco sfruttamento e della gretta avidità, ma anche il luogo dove il denaro viene speso con attenzione, dove i conti devono quadrare, dove il guadagno premia chi si assume responsabilità, lavora e ottiene risultati, dove si riconoscono e si fanno crescere talenti. Un po' di logica aziendale in un mondo abituato, negli anni passati, a spese allegre a carico dell'erario, non mi scandalizza, anzi.
Una forza politica che si candida a governare il paese (come il PD) non può allora limitarsi a dire "no a questa riforma": deve dire anche cosa propone in alternativa, se la conservazione o una diversa riforma.
Un discorso a parte meritano alcune forme estreme di protesta, che puntano ad acquisire visibilità bloccando autostrade, stazioni, porti, bloccando la circolazione e creando disagi in migliaia di cittadini incolpevoli.
Come ho scritto su Facebook, se c'è un modo per sottrarre consenso alle manifestazioni anti Gelmini (al di là del giudizio sui contenuti della riforma) è quello di dirigerle contro cittadini e lavoratori che corrono tutto il giorno per sbarcare il lunario e si trovano improvvisamente bloccati per ore, letteralmente prigionieri tra i guard rail dell'autostrada o in un atrio di stazione, con appuntamenti saltati, consegne mancate, la giornata lavorativa mandata a monte. L'ansia di visibilità di pochi (a Bologna si parla di 3.000 manifestanti, su 90.000 iscritti) prevarica i diritti di molti. E ancora una volta, fa pagare il danno a chi lavora. Chi si dice di sinistra dovrebbe accorgersene e dire "non in mio nome".
2. Tendenze nazionali: ristoranti aperti ai cani ma vietati ai bambini.
Il ministro del turismo Brambilla nelle scorse settimane ha predisposto insieme all'Anci (Associazione dei Comuni) un'ordinanza tipo che i sindaci potranno adottare e che cancella i divieti che impediscono agli animali di entrare nei ristoranti e in altri locali pubblici. Una ricerca rileva che 4 italiani su 10 possiedono un animale in casa, e che sempre più lo considerano un "compagno di vita". Una tendenza che mi sento di confermare osservando l'espansione dello spazio dedicato al cibo per animali nei supermercati e la diffusione di catene commerciali specializzate in prodotti per gli animali da compagnia.
In cambio, se l'Italia diventa più accogliente verso cani e gatti, lo diventa meno verso i bambini. Sempre dalla cronaca delle ultime settimane, leggiamo che si diffondono nei ristoranti e nei locali pubblici le scritte "no kids", ovvero: vietato ai minori di 18 anni. Nulla di pornografico, spiegano i gestori, è una scelta di mercato: se vuoi attrarre un cliente di classe, raffinato e disposto a spendere per un locale di trend con una certa atmosfera, devi lasciare fuori le famiglie con bambini, che sono rumorosi e imprevedibili.
Quindi spazio al single (magari con "compagno di vita" al guinzaglio) ma fuori i figli piccoli. Non è un bel segno di investimento sul futuro.
Va detta però una cosa. Frequentando luoghi pubblici e osservando alcune dinamiche familiari, ci si accorge che esiste un problema di "bambini onnipotenti", ovvero maleducati e ingovernabili, che sembrano "senza genitori" anche quando sono con padri e madri incapaci di autorità e di educazione.
Il problema allora non sono i bambini, ma gli adulti incapaci di educare.
3. Cristiani nel mondo, mattanza silenziosa
Leggendo giornali accumulati da alcune settimane mi accorgo che si ripetono violenze ai danni di cristiani nel mondo, ma sui media se ne parla poco. La cosa che fa impressione è che vengono colpiti "in quanto cristiani". Queste una breve raccolta di episodi del solo 2010:
- 10 novembre, Takrit (Iraq). Razzi contro case di cristiani, 6 morti e 33 feriti.
- 7 novembre, Baghdad. 2 cristiani uccisi con arma da fuoco mentre erano in casa.
- 31 ottobre, Baghdad. Un commando attacca una chiesa durante la messa. 58 morti, 80 feriti.
- 12 ottobre, Rawalpindi (Pakistan). Una bambina di 12 anni viene violentata e uccisa in quanto cristiana.
- 12 settembre, Kashmir indiano. Manifestanti islamici bruciano una scuola missionaria cristiana. 13 morti e 75 feriti.
- 23 agosto, Islamabad (Pakistan). 3 volontari di ONG cristiane impegnate nel soccorso alle popolazioni alluvionate vengono rapiti e uccisi.
- 7 agosto, Kandahar (Afghanistan). 9 medici cristiani rapiti e uccisi dai Talebani mentre erano in viaggio per curare malattie agli occhi.
- 3 giugno, Iskanderun (Turchia). Luigi Padovese, presidente della Conferenza episcopale turca, viene decapitato dal suo autista.
- 2 maggio, Mosul (Iraq). Attacco a un convoglio di bus che portava giovani studenti cristiani all'Università. 4 morti e 171 feriti.
- 30 aprile, Mosul (Iraq). Attentato contro un gruppo di cristiani, 4 uccisi.
- 19 marzo, Rawalpindi (Pakistan). Una coppia di cristiani al servizio di un possidente locale rifiuta di convertirsi all'Islam. Lui è bruciato vivo, la moglie viene violentata dalla polizia a cui ha sporto denuncia. I 3 figli piccoli sono costretti ad assistere ad entrambe le scene.
- 7 marzo, Nigeria: tribù di nomadi islamici attaccano di notte 3 villaggi cristiani, 500 morti fatti a pezzi con i machete.
- febbraio, Mossul (Iraq). Nel corso di diverse azioni punitive, 8 cristiani vengono uccisi.
- 7 gennaio, villaggio nei dintorni di Luxor (Egitto). Aggressione con armi da fuoco a cristiani all'uscita da messa. 7 morti 9 feriti.
Secondo l'OSCE, attualmente su 100 vittime del fanatismo religioso nel mondo 75 sono cristiani. Nel 2009 sono stati uccisi nel mondo 37 operatori missionari cristiani, tra sacerdoti, religiose e volontari laici.
Domanda: se si trattasse di appartenenti a una qualsiasi minoranza culturale protetta in occidente (non faccio esempi per non suscitare polemiche), i media ne parlerebbero così poco ugualmente?
4) Libertà di cura, Fazio e Saviano come Emilio Fede
Grande successo del programma di Fazio e Saviano "Vieni via con me", in particolare nella puntata del 23 novembre, ospiti Mina Welby e Beppino Englaro. "Abbiamo raccontato due storie di vita, di amore per la vita, che si esprime tanto nel rifiutarne la prosecuzione che nell'accettarla", ha riassunto Fazio. "Bene", hanno detto le associazioni delle famiglie che assistono malati inguaribili, e che celebrano questo amore in un modo diverso dallo staccare la spina e il sondino, "ora chiamate anche noi, così che possiamo raccontare la bellezza, la gioia, la ricchezza di una relazione intima e intensa come quella di cura". "Richiesta inaccettabile", hanno risposto i due conduttori, perché "non c'è bisogno di alcuno contraddittorio: l'idea che ogni opinione, ogni racconto, ogni punto di vista debba essere sottoposto a un obbligo di replica ci pare lesiva della libertà autoriale, della libertà di scelta del pubblico, e della libertà di espressione" (Fazio, 25 novembre). Sono certo che Emilio Fede avrebbe sottoscritto questa dichiarazione: da sempre ritiene che dare voce a chi la pensa diversamente sia lesivo della libertà del conduttore e del pubblico che si è scelto.
La verità è che siamo davanti ad una operazione di catechesi culturale, dove l'ortodossia è una sola, non va mai contraddetta, ed esige che espressioni positive, come dignità, amore, libertà, siano da accostare solo alla scelta di farla finita, mentre espressioni negative come sofferenza, paura, dolore, siano sempre accompagnate alla scelta di prendersi cura, di mantenere in vita. Gli esempi pullulano. Prendiamo Repubblica, organo tra i più osservanti di tale catechesi: nella rubrica delle lettere Augias presenta così il confronto tra le due "vie d'amore": da un lato il titolo, "La libera scelta di chi non vuole più soffrire". Dall'altro "il punto di vista di chi sceglie di sopportare il dolore, o di vegetare in una semi vita, o dei familiari che questi malati senza speranza accudiscono, o la prigionia all'interno di corpi ridotti a carcasse" (1 dicembre). E il 2 dicembre, a proposito del suicidio di Monicelli, prosegue (riportando da una lettera): "non nasce in me alcuna tristezza, alcun senso di peccato. Al contrario, un sentimento di profondo rispetto, un'immensa dignità, un grande coraggio, molta autenticità. Il suicidio come atto estremo di libertà". Capite a che bivio siamo? Da un lato dolore, semi-vita senza speranza, corpi ridotti a carcasse. Dall'altra dignità, rispetto, coraggio, libertà. La scelta è d'obbligo, l'effetto catechistico-pedagogico è ottenuto.
Vedete, io sono a favore della libertà di scelta, ma purché sia davvero libera, non condizionata da fantasmi e sensi di colpa. E tra prospettive reali, non caricaturali. Poiché ho trascorso oltre 2 anni (20 mesi di servizio civile più altri 6 di volontariato) della mia giovinezza in mezzo ad anziani e malati non autosufficienti, in alcuni casi allettati permanenti, con una lucidità altalenante, vi dico che il "bivio" non è assolutamente quello descritto sopra. Che sapere di non tornare in piedi non significa affatto essere senza speranza. E non è nemmeno una questione di fede: ho visto tanti bellissimi nonni mangiapreti godersi fino alla fine la lama di luce che filtrava dalla finestra, il piatto di purè, la visita del nipote. Certo, se gli avessi letto tutti i giorni i pensieri di Augias, probabilmente avrebbero smesso di sorridere e avrebbero iniziato a sentirsi un po' in colpa per essere ancora lì e non averla ancora fatta finita. Ma io gli leggevo la cronaca locale del Carlino (tra cui i necrologi erano particolarmente apprezzati), e spesso (non sempre) il gusto di resistere in vita superava il peso delle malattie.
Ma tutto questo non può essere nemmeno accennato, né da Fazio né da Augias, perché incrina l'operazione di Catechesi Pedagogica. Quindi nessun diritto di replica. In nome - notate bene - non solo del "diritto autoriale", ma addirittura del "diritto di scelta del pubblico" (Fazio, giovedì 25 novembre).
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Come ho detto all'inizio, i racconti e le riflessioni sula situazione del PD e delle primarie a Bologna le metto in un messaggio a parte. Così chi ne ha abbastanza può fermarsi qui. Chi invece è interessato, a dopo.
Andrea De Pasquale
www.andreadepasquale.it