"E' un intervento fondamentale ma non ci sono i soldi per acquistare i treni. Il finanziamento potrebbe venire dalla valorizzazione delle aree ferroviarie"
Il Domani di Bologna, domenica 11 giugno 2006, pag. 3
Nel dibattito sulle infrastrutture per la mobilità a Bologna, seguìto alle critiche recentemente espresse da alcune categorie produttive rispetto all’azione amministrativa locale, si è notata l’assenza (o la citazione troppo debole) di un elemento fondamentale: il trasporto su ferro.
Il servizio ferroviario metropolitano (SFM) infatti è da 12 anni, almeno nelle intenzioni, al centro della pianificazione trasportistica e urbanistica del nostro territorio. In effetti, il fatto di avere sul territorio 8 radiali ferroviarie confluenti sul capoluogo, per 280 km di rete e 80 fermate (di cui 16 in città), complessivamente capaci di servire quasi 800 dei 950 mila abitanti della nostra provincia, è una fortuna piuttosto rara. Le aree urbane che condividono una simile fortuna hanno iniziato da tempo a farne tesoro e a investirci sopra: i casi di Karslruhe, Zurigo, Portland, ma anche Napoli, Milano e Roma (alcuni di questi sono stati ottimamente presentati nella sessione conclusiva del Forum “Bologna si muove” organizzato dalla Provincia dal 28 aprile al 28 maggio) stanno a dimostrarlo.
Anche gli scavi dell’Alta Velocità, giunti in questi giorni ad una importante tappa realizzativa, sono stati accettati dal nostro territorio proprio in vista del beneficio di poter liberare i binari di superficie dai treni a lunga percorrenza, e di utilizzarli per i collegamenti locali e l’aumento delle frequenze (un treno cadenzato ogni mezz’ora).
Tutto bello, se non che per il funzionamento del SFM manca un elemento non secondario: i treni. In altre parole: quando anche avremo terminato i lavori dell’Alta Velocità, quando avremo finito di costruire le stazioni mancanti, quando avremo concluso il raddoppio dei binari nelle tratte più essenziali, per avere un treno ogni mezz’ora ci mancherà materiale rotabile per un valore (se si acquistasse tutto nuovo) di 250 milioni di Euro. E se i costi di esercizio stimati per l’SFM (circa 20 milioni all’anno) appaiono affrontabili grazie all’idea del “road pricing” autostradale (ovvero: la mobilità inquinante finanzia quella sostenibile), non sappiamo invece dove trovare le risorse per l’acquisto di locomotori e carrozze (al limite anche usate).
E finchè non offriremo ai cittadini un’alternativa rapida, frequente e confortevole (e il ferro in questo senso ha enormi capacità di risposta alla crescente domanda di mobilità), tutta la nostra provincia, ma soprattutto la città di Bologna, sarà sempre strangolata dalla congestione e dallo smog. Ecco perché allora il tema SFM non può mancare nel dibattito sulle infrastrutture per la mobilità: bene parlare di People Mover, di Passante Nord e di MetroTramvia, ma davanti alla notizia che a Roma le casse sono vuote, e visto il timore di non riuscire a terminare opere già avviate (tra cui proprio i cantieri dell’Alta Velocità), non possiamo dimenticarci della necessità di completare l’SFM e “dargli gambe” perché possa svolgere quel ruolo che tutti i documenti politici e gli strumenti di pianificazione prodotti a Bologna negli ultimi 12 anni gli assegnano. E poiché un treno non si acquista, come un’auto, da un giorno all’altro andando dal concessionario, ma si ordina 3 anni prima, è del tutto evidente l’opportunità di considerare anche questo capitolo di spesa nel momento in cui si vanno a valorizzare le aree ferroviarie, occasione irripetibile per finanziare il trasporto su ferro.
Andrea De Pasquale, Presidente Commissione Trasporti della Provincia