Bologna, 1 dicembre 2017
Cari amici,
eccomi al mio aggiornamento periodico (un po’ troppo rado, me ne rendo conto) sulle questioni principali della politica bolognese.
Rammento che potete trovare le newsletter precedenti sul mio sito, e che per non ricevere più questi messaggi è sufficiente chiedermi la cancellazione da questa lista. Se avete amici interessati segnalatemi la loro e-mail.
3 i punti di questa edizione:
1) PASSANTE: “VIA” LIBERA DAL MINISTERO ALLA PROGETTAZIONE ESECUTIVA (E ALL’OSSERVATORIO PERMANENTE).
2) AEROPORTO: DALL’INVESTIMENTO ALLO SFRUTTAMENTO. TRA OPACITA’ PRIVATA E INDIFFERENZA PUBBLICA.
3) CINQUE RIFLESSIONI A VALLE DEL CONGRESSO DEL PD.
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1) PASSANTE: “VIA” LIBERA DAL MINISTERO ALLA PROGETTAZIONE ESECUTIVA (E ALL’OSSERVATORIO PERMANENTE).
Lo scorso 24 novembre si è conclusa la VIA (Valutazione di Impatto Ambientale) iniziata lo scorso gennaio presso il ministero dell’Ambiente, e si è concluda con un parere favorevole al progetto di Passante di Bologna, ma anche con una serie di prescrizioni (già richieste da Comune e Regione) di cui Autostrade dovrà farsi carico.
A questo punto entro 60 giorni arriverà il decreto ministeriale, dopo il quale dovrà insediarsi la Conferenza di Servizi, per poi passare alla progettazione esecutiva. Se non vi saranno imprevisti, i cantieri dovrebbero aprire a fine 2018 – inizio 2019.
Sui giornali dei giorni successivi leggiamo le motivazioni, conseguenti ad un raffronto costi-benefici tra il progetto attuale (potenziamento in sede) e le alternative scartate (tracciato nord, in mezzo alla campagna, e galleria a sud sotto la collina).
Non occorreva d’altronde essere degli esperti ministeriali per capire che effettivamente la scelta di allargare l’asse complanare (tangenziale + autostrada) è “la migliore tra le opzioni considerate” da diversi punti di vista: per il consumo di suolo (24 ettari contro i 200 del tracciato nord e i 50 di quello sud); per i metri cubi di terra da movimentare (400.000 contro 4.000.000 di quello nord e 3.500.000 di quello sud); per gli edifici da espropriare e per le interferenze con aree sensibili (molto minori nell’ipotesi di allargamento rispetto alle altre due); e infine per la durata dei lavori (3 anni contro i 5 delle altre due opzioni).
A queste motivazioni “ambientali” rilevate dal Ministero ricordo che c’è da aggiungerne una “trasportistica” e di particolare interesse per i bolognesi, ovvero che questo progetto è l'unico che prevede l’aumento di capacità della tangenziale (+ 50% ovvero da 2 a 3 corsie su tutto il tracciato, e + 100% ovvero da 2 a 4 corsie nel tratto centrale), mentre nelle altre due ipotesi il principale asse di spostamento quotidiano di Bologna sarebbe restato esattamente come adesso.
Fa piacere insomma vedere come le stesse argomentazioni “comparative” sostenute in tempi non sospetti da me e dal gruppo PerDavvero (vedi il documento di aprile 2015 e il convegno del novembre dello stesso anno) ritornino oggi nero su bianco nel parere del Ministero. E al contrario dispiace che qualche anima bella continui a ragionare come se i problemi di inquinamento e rumore nascessero con il Passante, e fosse proprio il Passante a generare la domanda di mobilità, quasi che dicendo no a quest’opera, ovvero tenendoci la situazione attuale, significasse difendere la salute e il benessere dei cittadini. La realtà invece è – come scrive appunto la Commissione ministeriale – che il Passante non crea, ma distribuisce un traffico che comunque c’è e ci sarà. La sfida politica sarà quella da un lato di mitigare le conseguenze di questo traffico con opere antirumore e nuovo verde (vedi appunto le prescrizioni), dall’altro di puntare sulla mobilità elettrica per abbattere le emissioni dei veicoli.
Altro punto importante della VIA del ministero è l’accoglimento della proposta non solo di un monitoraggio costante (prima, durante e dopo i lavori) sulle ricadute ambientali dell’opera, ma anche di un Osservatorio permanente composto dagli enti locali, ARPAE e AUSL (anche questo fu proposto da noi e dall’amico Paolo Natali). Credo che gli amministratori eletti in Comune e nei Quartieri farebbero meglio a investire le loro energie affinché questo Osservatorio funzioni davvero, piuttosto che inseguire Comitati miopi e polemiche pretestuose.
Per chi volesse ripassare le tappe della vicenda Passante, può trovare parecchie informazioni nelle mie newsletter precedenti, a partire dal quella dello scorso luglio.
2) AEROPORTO: DALL’INVESTIMENTO ALLO SFRUTTAMENTO. TRA OPACITA’ PRIVATA E INDIFFERENZA PUBBLICA.
Sapete che, in materia di attività economiche, sono generalmente a favore della concorrenza e del mercato, quindi di un’apertura alle gestioni private, perché nella maggior parte dei casi queste portano ad una competizione utile ai cittadini / utenti, in termini di abbassamento dei costi e/o miglioramento dei servizi. Vi sono casi però in cui questo non accade, soprattutto quando le attività economiche si basano su risorse che di fatto costituiscono un monopolio. Ed è credo questo il caso dell’Aeroporto di Bologna.
Nella precedente newsletter ho parlato di una situazione caotica, sia all’esterno dell’aerostazione (con la costante congestione delle auto in sosta intorno alla rotonda) sia all’interno (data la scelta di privilegiare lo sfruttamento commerciale rispetto alla razionalità dei flussi, quindi percorsi tortuosi e calca permanente).
Nel frattempo, a quanto ho capito, sono stati abbandonati i progetti di sviluppo della nuova Aerostazione, che risulta accantonata e non si farà più. Siamo passati quindi da una strategia di investimento sul futuro ad una di massimo sfruttamento dell’esistente.
Ma soprattutto mi è balzata agli occhi la relazione tra questa nuova strategia e altre due tendenze piuttosto evidenti: da un lato la forte opacità informativa calata sulle scelte aziendali dell’aeroporto dal momento della quotazione in borsa in avanti. Dall’altro la corrispettiva rinuncia degli Enti Locali a “mettere becco” in questa strategia, sempre – a quanto capisco – in conseguenza della succitata quotazione. Che viene brandita dall’Azienda come un’armatura difensiva davanti a quanti osano chiedere dati e informazioni sulle politiche e i piani industriali, per blindare ogni documento e ogni accesso. E che viene parimenti citata dai soci pubblici come giustificazione per la propria negligenza, quasi che la politica aeroportuale sia qualcosa che attiene solo ai gestori privati, e che l’unico interesse dei soci pubblici sia incassare il dividendo a fine anno.
Ma l’Aeroporto non è un’azienda qualunque, come una fabbrica di bulloni o di materassi. E’ la porta d’accesso più importante del nostro territorio, e insieme la principale infrastruttura di collegamento tra i cittadini di Bologna e il resto del mondo. E’ un bene territoriale a tutto tondo, di servizio alla comunità locale e regionale. Non è accettabile quindi che venga trattato come uno stabilimento industriale qualsiasi, di cui gli Enti Locali si trovano quasi per caso ad essere soci.
Perché se il traffico aeroportuale (di passeggeri e di merci) è in costante aumento, bisognerà pure occuparsi delle conseguenze (in termini di rumore e congestione, ma anche di opportunità economiche) sia al presente che in prospettiva, con scelte (di pianificazione, di mobilità, di tutela dei residenti) adeguate.
Vediamo intanto i numeri del Marconi. In luglio ha visto passare 837 mila passeggeri e 4.991 tonnellate cargo, rispettivamente + 7,2 e + 27 % rispetto allo stesso mese 2016; in agosto 838 mila passeggeri e 3.638 tonnellate, rispettivamente + 7 e + 35%; a settembre 804 mila passeggeri e 5.300 tonnellate, rispettivamente + 6,5 e + 33%; in ottobre 715 mila passeggeri e 5.244 tonnellate, + 5,8 e + 16,6%. Una crescita imponente, tanto che al 31 ottobre il nostro aeroporto ha superato quota 7 milioni di passeggeri.
Non ho fiducia – anche questo lo sapete – che un aiuto significativo nello smaltimento di questi flussi venga dal People Mover, che finalmente vedremo presto in azione, in modo da sciogliere una volta per tutte il dubbio se si tratterà di un mezzo utile e funzionale oppure di un giocattolo costoso e cagionevole (fermo per guasti), servito come pretesto per la costruzione della parte edilizia, ma innocuo rispetto al business dei parcheggi dell’aeroporto, che il Marconi non intende certo indebolire. E anche dei taxi, che come mi scrive un amico che viaggia per lavoro e frequenta decine di aeroporti: “Nel resto degli aeroporti del mondo i taxi sono in fila fuori che aspettano a decine, in aggiunta alle linee urbane dei bus, mentre qui a Bologna la fila la fanno gli utenti, e capita di aspettare anche un quarto d’ora il taxi”.
Mentre un altro amico mi scrive un’idea semplice ma anche efficace, almeno a prima vista: “Il parcheggio Kiss&Ride è sempre intasato e la gente strippa quando sta in colonna senza nemmeno sapere chi è che la causa e vede squagliarsi i 10 minuti di bonus. Il parcheggio Wait Zone è un'ottima idea e infatti è molto frequentato ma chi poi esce di lì va a far dell'intasamento al Kiss&Ride e alla rotatoria. Se l'aeroporto predisponesse un passaggio pedonale comodo e magari servito da un tappeto mobile (come a Roma - Fiumicino e Amsterdam - Schipol, solo per citare i casi dei quali ho fatto esperienza diretta) con una passeggiata di 300 metri circa i passeggeri potrebbero già lasciare l'aerostazione e raggiungere la Wait Zone; ne ho visti molti che già lo fanno ma solo perché si sono italianamente ingegnati”.
E un altro ancora mi ha chiamato a casa sua per farmi assaporare l’emozione del decollo dei grandi Cargo, il cui rumore tutto copre e tutto sommerge.
Di argomenti come questi non ha forse titolo, anzi dovere, di occuparsi l’amministrazione pubblica? Vi pare che possano essere derubricati a temi “aziendali” e lasciati alla gestione privatistica? Se davvero la quotazione in borsa dovesse comportare – ma non penso che sia così – l’abdicazione dei soci pubblici ad esercitare un ruolo di indirizzo e controllo strategico, nell’interesse del territorio e dei cittadini, sulle prospettive dell’Aeroporto, dovrei concludere che è stata una scelta sbagliata. A chi l’ha fatta tocca, credo, l’onere di dimostrarci il contrario.
3) CINQUE RIFLESSIONI A VALLE DEL CONGRESSO DEL PD.
Ad ottobre si è tenuto il Congresso provinciale del PD, al quale come gruppo PerDavvero abbiamo concorso con la candidatura di Piergiorgio Licciardello, dopo che il documento programmatico in 5 punti che avevamo presentato il 20 luglio non aveva trovato, a nostro giudizio, risposte convincenti da parte degli altri due candidati.
I risultati sono noti: Francesco Critelli, segretario uscente, ha vinto con circa il 52% dei consensi. Luca Rizzo Nervo ha raggiunto quota 38%. Noi con Piergiorgio appena sotto il 10%.
E’ stata un’esperienza intensa, che mi ha permesso di incontrare diverse realtà locali, avendo partecipato in prima persona una decina di congressi di circolo, dalla pianura alla montagna. E dalla quale traggo alcune considerazioni.
1 – Come già in altre occasioni congressuali, ma stavolta in modo ancora più evidente, il voto nei circoli è stato in minima parte frutto del confronto tra i rappresentanti dei candidati, e in massima parte una prova di forza in termini di reti di relazioni e filiere sul territorio. Ben pochi iscritti hanno deciso chi votare ascoltando la discussione tra mozioni, perché la stragrande maggioranza lo aveva già deciso prima: lo si è capito guardando al comportamento nei circoli (la richiesta dovunque era di aprire le urne prima della conclusione dei dibattiti), e ai risultati di singoli circoli (talvolta con risultati bulgari a favore dell’uno o dell’altro tra i due candidati più forti).
Anche a me, come a diversi amici della Mozione Licciardello, è accaduto di sentirmi dire da militanti mai visti prima: “avessi dovuto decidere in base al dibattito e alle idee, avrei votato per voi, ma avevo già promesso sostegno al candidato XXX”. Questo aspetto certamente non ci ha favorito, essendo noi un gruppo fatto in massima parte di persone che lavorano fuori dalla politica, e che fanno politica nel tempo libero, motivo per cui fatichiamo più di altri sul piano dell’organizzazione e della copertura territoriale. Ma mi ha anche fatto riflettere sul fatto che il “Congresso”, ovvero la scelta di mettere in gioco le cariche dirigenziali facendo decidere la base degli iscritti, resta una rarità nel panorama politico italiano: partiti come Forza Italia o il Movimento 5 Stelle non hanno mai nemmeno tentato di scegliere i propri capi in modo democratico. E da questo punto di vista, con tutti i difetti che ho appena elencato, va detto che il PD è uno dei pochi partiti che almeno “ci prova”.
2 – Il risultato politico più importante che abbiamo ottenuto come PerDavvero non sta nei numeri, ma nel fatto di aver fortemente influenzato, per non dire determinato, l’agenda del congresso dal punto di vista dei contenuti. I temi al centro del dibattito, nel partito ma anche sui giornali, sono stati infatti quelli indicati da noi da sempre, ovvero (in estrema sintesi): la necessità di coniugare politiche di solidarietà e accoglienza con la domanda di sicurezza e tutela dei cittadini; l’impossibilità di qualsiasi discorso sui diritti senza reciprocità sul fronte dei doveri; il bisogno di restituire autonomia e indipendenza alla politica rispetto a circuiti economici collaterali; una concezione di economia e lavoro non cristallizzata al 1970 e al lavoro subordinato a tempo indeterminato come unico possibile, che non aiuta a interpretare una realtà fatta di lavoro autonomo, di lavoro precario, di lavoro professionale, di lavoro d’impresa, comunque esposto ai mutamenti del mercato e dove l’incubo è sempre meno il “padrone” e sempre più il “cliente”, volubile e attirato dal prezzo più basso.
Nonostante qualche distorsione interessata (il tema delle “porte girevoli” tra incarichi nelle amministrazioni e incarichi dirigenziali nelle aziende che hanno appalti dalle stesse amministrazioni è diventato per alcuni un "attacco alla Cooperazione", che ovviamente non c'è mai stato), le nostre tesi hanno fatto breccia, sia tra gli iscritti, sia nella pubblica opinione, tanto che lo stesso Critelli le ha in buona parte fatte proprie.
3 – Per alcune settimane sui giornali cittadini è stato proiettato il film secondo cui la candidatura di Luca Rizzo Nervo sarebbe stata l’occasione per la conquista “renziana” della federazione di Bologna. In realtà il tentativo di leggere il congresso locale secondo le mozioni nazionali si è rivelato fuorviante. Lo schieramento a sostegno di Rizzo Nervo contava infatti convinti renziani (Salvatore Vassallo, Elisabetta Gualmini, Benedetto Zacchiroli) e furenti antirenziani (Antonio Mumolo, Sergio Lo Giudice, Claudio Mazzanti). Il fatto di tenere insieme nella stessa mozione chi ha firmato il referendum della CGIL contro il Job Act (ad esempio il sindaco Merola) con chi il Job Act lo ha scritto (Filippo Taddei) è stato raccontato come capacità di includere, di allargare, di essere plurali, ma in realtà ha denotato subito l’estrema eterogeneità, e quindi fragilità politica, di quel fronte. Che anche su tematiche più locali (come l’atteggiamento da tenere su occupazioni di spazi e rivendicazioni come quelle di Labas) è stato caratterizzato da una notevole polifonia. Sull’altro fronte, se Francesco Critelli effettivamente non era annoverabile tra i sostenitori di Renzi (d’altronde lo stesso Luca, prima con Bersani poi con Civati, era approdato a Renzi solo all’ultimo giro), tra i suoi sostenitori poteva annoverare i renziani del gruppo di Benamati – Tosiani e soprattutto aveva al suo attivo l’aver schierato lealmente il partito sulle battaglie e gli obiettivi del segretario nazionale: pensiamo al referendum, dove Bologna è uno dei pochissimi territori dove il Sì ha vinto, e alla "sterilizzazione" in sede locale della "scissione" operata da Bersani e D'Alema, che qui ha fatto ben pochi proseliti.
4 – Come ho detto in tutte le presentazioni di mozione che ho fatto nei circoli dove sono andato, la vera rivoluzione per il PD bolognese sarebbe quella per cui anche solo la metà delle cose scritte nelle mozioni (una qualsiasi delle tre) fossero effettivamente realizzate. Vi dico che la metà basta e avanza! In tutte e tre i documenti infatti – me li sono letti, erano ben fatti ed avevano molte cose in comune, a dimostrazione che non a caso stiamo dentro lo stesso partito – ci sono propositi totalmente condivisibili. Credo quindi che tocchi al vincitore, Francesco Critelli, la responsabilità di portare avanti almeno qualcosa di quanto promesso, e il mio consiglio è di scegliere (perché non si può fare tutto) prioritariamente i punti che, magari con parole lievemente diverse, erano presenti in tutte e tre le mozioni. Uno di questi punti è sicuramente la ripresa (o il rilancio) di luoghi tematici di discussione e confronto quali erano una volta i Forum del PD, poi Dipartimenti; non conta il nome, quanto il fatto che siano luoghi di studio ed approfondimento, poi di dibattito e confronto, su materie di stretta attualità politica e amministrativa, promossi dal PD ma aperti al contributo di esperti e cittadini esterni; e che le conclusioni di questo lavoro di studio e confronto diventino parte della cultura politica del partito e dell’azione amministrativa conseguente. Non una “sala giochi” dove esercitarsi a livelli teorici, ma “laboratorio” dove elaborare politiche e azioni di governo locale.
5 – L’unico che non ho proprio capito in questo congresso è stato il sindaco di Bologna. Prima per la scelta di entrare a piedi uniti, con inusuale durezza, nel dibattito congressuale, schierandosi – in modo poco consono alla carica di primo cittadino – con uno dei concorrenti (il suo assessore alla sanità appunto) e riservando agli altri candidati dichiarazioni trancianti e parole sprezzanti, di cui non si è capito il motivo e lo scopo. Poi, appena i risultati sono apparsi chiari, per l’immediato atteggiamento di distacco e indifferenza rispetto a quello che fino a pochi giorni prima era il “suo” candidato. L’impressione è che Luca, persona capace e corretta, ma anche ambiziosa, che a livello personale e professionale ha scommesso tutto e solo sulla politica (e qui a mio giudizio sta il suo errore, come gli dissi già ai tempi in cui fummo insieme in Provincia), sia stato in qualche modo “utilizzato” per un tentativo di “conquista” del partito da parte di uno schieramento composito ed eterogeneo ma tenuto insieme da precisi obiettivi (le candidature alle politiche del 2018, poi alle amministrative e regionali nel 2019, poi a Bologna nel 2021…), falliti i quali lui, che ci ha messo la faccia e rimesso il ruolo di assessore, si ritrova ora “scaricato” e solo.
Al di là delle vicende congressuali e degli schieramenti politici, sono questi gli atteggiamenti che meno sopporto. Personalmente vedo la politica come una partita di rugby, dove in campo la lotta può anche essere dura, a tratti violenta; ma al fischio finale ci si toglie il casco, ci si stringe la mano e si cena insieme, perché prima che avversari siamo compagni di strada, e prima ancora cittadini ed esseri umani. Ed è quindi ovvio che la coerenza e la lealtà tra le persone vengano sempre prima – e siano più importanti – di tutto il resto, degli schieramenti e delle convenienze tattiche. Se questo è vero tra avversari, figuriamoci tra alleati. Capite allora perché considero l’opportunismo (che porta a cambiare atteggiamento in base ai successi o agli insuccessi delle persone) una cosa tra le meno tollerabili, nella politica come nella vita. E dalla quale spero di (e lotto per) rimanere il più possibile lontano.
Concludo facendovi gli auguri di Natale, perché non so se avremo l’occasione di sentirci prima. Ci diamo appuntamento all’anno nuovo, nella speranza che sia migliore di quello ormai alla fine. Buone feste a tutti!
Andrea De Pasquale
www.andreadepasquale.it