Bologna, 4 novembre 2015
Cari amici,
rieccomi alla nota periodica sulla politica bolognese. Trovate le precedenti sul mio sito. Rammento che per non ricevere questi messaggi è sufficiente chiedermi la cancellazione da questa lista, mentre se avete amici interessati segnalatemi la loro e-mail.
5 gli argomenti di questa edizione:
1. People Mover, partono i lavori. Un'occasione sprecata.
2. Fico e la prospettiva di paralisi stradale. Il rimedio possibile
3. Amministrazione immobile, e i cittadini vanno dal giudice.
4. Merola bis: la crescente fragilità di una candidatura.
5. Politiche della casa e Passante Nord: due inviti.
Nota tecnica importante: nel testo spedito via mail ho eliminato i link verso altri siti diversi dal mio (per problemi con i filtri antispam di alcuni operatori, tipo Fastweb): per vedere la newsletter con i collegamenti alle varie fonti, andate sul mio sito a leggere la versione completa.
(Vedi anche facebook.com/andrea.depasquale)
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1. People Mover, partono i lavori. Un'occasione sprecata.
Sabato 31 ottobre in una conferenza stampa è stata annunciata l'apertura dei cantieri del People Mover, la navetta che dovrebbe collegare Aeroporto e Stazione mediante una monorotaia sopraelevata di circa 5 km, per un costo di 115 milioni di Euro.
Un tempismo perfetto: proprio quel giorno infatti scadeva la concessione (già oggetto di proroga, non più reiterabile) concessa dal Comune a Marconi Express, che, se non fossero iniziati i lavori, avrebbe dovuto versare la fideiussione da 3,6 milioni di Euro.
Come ha osservato Enrico Miele su Repubblica Bologna l'1 novembre, sarebbe bastato un giorno in più e l'opera sarebbe definitivamente saltata. L'apertura dei cantieri (piuttosto leggera: qualche picchetto nei campi, per ora) appare quindi un atto dovuto e necessario per mantenere in vita la fattibilità del manufatto, più che un trionfale e convinto avvio dei lavori.
Rispetto al quadro del 2011 (vedi il dossier che ricavai dalla lettura dei documenti di progetto) mi sembra che ci siano da aggiungere oggi 4 considerazioni.
A. Il dubbio sulla scarsa portata del mezzo ha in qualche modo toccato anche i promotori del progetto, visto che quello che doveva essere un rimedio in condizioni eccezionali (il terzo veicolo) viene ora ipotizzato come rinforzo all'esercizio ordinario. La capienza dichiarata infatti, di 50 passeggeri, è calcolata considerandone 4 al metro quadro: una densità possibile su un autobus urbano, impossibile con la presenza anche solo di un trolley per viaggiatore, figuriamoci poi con una valigia.
B. Nessuno ha visto il famoso piano economico finanziario di esercizio, quello che avrebbe dovuto rassicurare gli investitori privati (dato che si tratta teoricamente di un'opera in Project Financing, che dovrebbe ripagarsi da sé) sulla redditività della navetta nel tempo. E' curioso che per un paio d'anni ci era stato detto che il progetto non sarebbe mai partito senza l'aggiornamento di questo piano (la prima versione, assai furba, prevedeva di scaricare sulle casse pubbliche le eventuali perdite di esercizio, grazie ai famosi patti parasociali ignoti al Consiglio Comunale, poi venuti alla luce e bocciati dalla magistratura contabile, quindi cambiati in corsa). Oggi invece leggiamo che partono i lavori senza che nessuno abbia spiegato quanto si pensa di incassare dagli utenti, e quanto di spendere nella manutenzione del mezzo. Cosa è cambiato?
C. La navetta (costruita dalla Intamin, azienda specializzata in attrezzature per parchi divertimento) è di fatto un prototipo, con una manutenzione che si prospetta assai costosa. Appare assai singolare la scelta di costruire una infrastruttura totalmente dedicata ad un prototipo che non ha eguali al mondo: la monorotaia in cemento armato lunga 5 km, con oltre 120 piloni sempre di cemento armato, pur facendo marginalmente felici alcune imprese edili, non appare facilmente riutilizzabile con altri mezzi, qualora questo non risultasse, alla prova dei fatti, adeguato. E il caso Civis dovrebbe averci insegnato qualcosa, ovvero che è importante un certo grado di "fungibilità" della tecnologia scelta, e di una "uscita di sicurezza" in caso di problemi. Detto diversamente, il Civis era costruito dalla Irisbus (Gruppo Fiat, che di autobus e filobus ne costruisce parecchi), e quando i problemi tecnici di questo mezzo avveniristico sono apparsi insormontabili, è stato possibile sfogliare il catalogo delle alternative e farsi cambiare la macchina con un Crealis, un onesto filobus che speriamo faccia il suo mestiere. Anche perché l'infrastruttura (sede stradale, banchine, guida vincolata in fase di accostamento) era relativamente indipendente dal mezzo. Ma qui, con una monorotaia costruita ad hoc e specializzata per questo mezzo, in caso di problemi, quali alternative avremo? Ci troveremo a sfogliare un catalogo di ottovolanti e ruote panoramiche?
D. Le opere edili, l'unica parte "sicura" e "pagata" di questa opera, non porteranno lavoro ad imprese locali, ma saranno affidate a imprese di altri territori. Questo perché, negli ultimi anni, sono venuti meno gli attori imprenditoriali locali originariamente partner del Consorzio. Tra questi vi erano infatti l'imolese CESI, ora in liquidazione coatta, e la bolognese Coop Costruzioni, che viene data in procinto di portare i libri in Tribunale. In forza della crisi delle grandi cooperative edili bolognesi, Marconi Express sta cercando partner altrove, ed è molto probabile che l'infrastruttura cementizia venga alla fine affidata ad imprese lombarde, venete o toscane. Viene in questo modo a cadere anche quell'ultimo interesse economico, quell'ultima ragione occupazionale, che pur non potendo da sola giustificare opere inutili o inadeguate, restava comunque sul piatto della bilancia: "Almeno facciamo lavorare un po' le nostre imprese", si diceva. Non è più vero nemmeno quello.
In ogni caso, la volontà politica dei nostri amministratori (Virginio Merola e Andrea Colombo in Comune, Raffaele Donini in Regione) è quella di andare avanti con questa opera, nonostante tutto. Ne prendo atto, con rammarico, come prendo atto della retorica falsa con cui il People Mover viene raccontato: l'editoriale del Carlino Bologna di oggi (mercoledì 4 novembre) in proposito recita testualmente: "Finalmente gli incrementi del Marconi, la vitalità della Fiera, la straordinarietà di Fico saranno goduti dalla città, senza alcun aggravio sul traffico e la viabilità ordinaria".
E invece, cari amici, è vero proprio l'opposto, ovvero che la scarsa portata del People Mover sembra fatta apposta per non toccare il business dei taxisti né dei parcheggi dell'Aeroporto, divenuti una delle principali entrate dello scalo bolognese. Business che invece sarebbe stato insidiato da un mezzo capiente (tipo il People Mover di Venezia, o quello di Perugia, o un servizio ferroviario), capace di trasportare migliaia di persone all'ora. Invece il mezzo scelto per Bologna è perfetto per il consociativismo conservatore bolognese: dare un po' di lavoro al settore edile, e non toccare gli interessi consolidati (e per alcuni aspetti parassitari) che vivono del traffico generato dall'aeroporto.
Prendo quindi atto, dicevo, che la mia posizione non è stata ascoltata, e che si vuole portare avanti quest'opera a tutti i costi. La mia battaglia dentro al Partito (con i miei mezzi, di piccolo imprenditore che dedica alla politica i ritagli di tempo, ed è membro, insieme a un centinaio abbondante di persone, della Direzione provinciale del PD, ma senza incarichi e senza potere decisionale) su questo punto è stata persa. E le sconfitte vanno dichiarate ed accettate, in politica come nella vita. A questo punto mi auguro di sbagliare, e di trovarmi, tra qualche anno, davanti ad un servizio funzionante e redditizio, a dovermi scusare con i sostenitori di quest'opera (non tanti a dire il vero: a parte il capogruppo in Comune Claudio Mazzanti, da sempre sicuro della validità del progetto, tutti gli altri sembrano più rassegnati che convinti, quasi trascinati da una necessità, senza un'opinione propria). Se però, malauguratamente, le cose non andassero così, allora saranno altri a doversi scusare. E non con me, ma con i bolognesi. E senza poter dire: "non sapevamo".
2. FICO e la prospettiva di paralisi stradale. Il rimedio possibile
Il 26 ottobre ad Expo è stato illustrato (o meglio confermato) il progetto di FICO (Fabbrica Italiana COntadina), che si candida a raccogliere il testimone di Expo, presentando in un unico parco tematico le eccellenze della filiera agroalimentare italiana (vedi il comunicato ufficiale).
Su una superficie di 8 ettari (80.000 mq) nell'area del CAAB (fuori san Donato, attiguo al Meraville) troveranno spazio 40 tra aziende e consorzi agroalimentari, laboratori di trasformazione, una ventina di ristoranti, 10.000 mq di coltivazioni e allevamenti dimostrativi, 10 aule didattiche e padiglioni per eventi, in grado di attirare 6 milioni di visitatori all'anno.
Una cifra, questa, che corrisponde allo scenario più cauto prefigurato dallo Studio di compatibilità ambientale e territoriale condotto da Oikos e Sisplan per il Comune di Bologna, ove si parla appunto di un numero di accessi quotidiani che va dai 16.000 ai 24.000, con punte concentrate nei pomeriggi di venerdì e sabato di 3.500 veicoli all'ora (vedi capitolo "domanda di sosta"). Un'enormità se si pensa che l'afflusso turistico complessivo attuale sull'intera città di Bologna è intorno al milione di presenze. Quello che si concentrerebbe nella sola area CAAB sarebbe quindi di 6 volte tanto.
Nello studio è citato il parcheggio Michelino (gigante vuoto, che sarebbe ottimo poter utilizzare per FICO), ma non si capisce come verrebbero trasportate le persone che hanno lasciato l'auto al casello (è citata una "navetta", che però dovrebbe avere dimensioni di un Boeing 747 e smaltire alcune migliaia di passeggeri all'ora).
In sostanza, lo scenario che si prefigura è quello di una forte congestione stradale in zona San Donato - viale Europa - viale Carnacini, dove già oggi si formano code il venerdì sera e il sabato pomeriggio.
Non sembra estranea a questa prospettiva di congestione la difficoltà a vendere, sempre in area CAAB, la Piattaforma Logistica dei surgelati, messa sul mercato con base d'asta 2,7 milioni, che non trova compratori (Corriere di Bologna, 2 ottobre). Forse perché movimentare merci in un'area che si prospetta intasata per diverse ore al giorno, con code dall'autostrada o dalla tangenziale, non è il massimo.
Ma ci sono anche visioni più ottimiste. In un recente incontro presso il Quartiere San Donato l'assessore alla mobilità del Comune di Bologna, Andrea Colombo, ha rassicurato i residenti proponendo, a far la spola tra il parcheggio Michelino e FICO, dei minibus tipo Pollicino o Downtown, che hanno esattamente la portata del People Mover (35 posti, tra seduti e in piedi) ma il vantaggio di costare molto meno. E nel piano del Comune si parla di autobus da 18 metri che collegheranno FICO alla stazione.
Il fatto che si pensi di affrontare con degli autobus la domanda di mobilità generata dalla somma degli accessi attuali al parco Meraville (il più grande della regione, a quanto mi risulta) e quelli futuri di FICO (un polo attrattivo unico a livello nazionale) mi sembra di per sé sintomo di una enorme sottovalutazione.
L'unica soluzione tecnica in grado di dare una risposta soddisfacente a quella domanda di trasporto è una linea di tram che corre parallela alla linea ferroviaria di cintura, seguendo il percorso del progetto SFM 6 (che risultava essere l'asse strutturante dei progetti "Binario dell'Innovazione" e "Città della Ferrovia", presentati un paio d'anni fa in occasione del Piano Strategico Metropolitano e poi svaniti nel nulla).
Anche senza FICO, un tram lungo questo tracciato servirebbe già oggi i principali poli attrattivi dei quadranti nord ed est di Bologna: uscendo dalla stazione verso nord ovest, la linea attraversa il nuovo Comune, tocca il CNR, il nuovo Polo Universitario di Chimica e Farmacia, le Aldini Valeriani, il nuovo Tecnopolo (ex Manifattura Tabacchi), la Fiera. Prosegue poi per il Parcheggio Michelino (5.000 posti auto inutilizzati), arrivando al Meraville, alla Facoltà di Agraria, al Business Park e ai nuovi insediamenti previsti nelle aree annesse sud (83.000 mq di nuova superficie edificata, di cui 58.000 residenziali, che significano 800 nuovi alloggi e 2.500 abitanti, e 25.000 ad uso commerciale e direzionale). A tutto questo si aggiunge FICO, che in tal modo verrebbe sfruttato anche come occasione per portare in centro città visitatori "autostradali", che altrimenti rischiano di saltare del tutto Bologna.
Due note sui vantaggi di un tram rispetto a un autobus. In primo luogo la portata: il tram può raggiungere i 24 o anche i 32 metri di lunghezza, con capienza più che doppia rispetto a un bus. Corre in sede propria, e non interferisce con il traffico su gomma. E' silenzioso e non inquina. Essendo a guida vincolata, è sicuro per ciclisti e pedoni, che possono tranquillamente usare lo spazio adiacente ai binari, essendo questi un argine invalicabile (a differenza di autobus e filobus) per il mezzo. Il confronto con il People Mover non si pone nemmeno: un tram arriva serenamente a portare 150 o 200 persone a veicolo (non 30), e può variare la frequenza in funzione della domanda, con corse ogni 5 o 3 minuti nelle ore di punta, mentre la creatura di Marconi Express avrà come frequenza massima una corsa ogni 7,5 minuti, avendo un solo punto di incrocio a metà percorso. Stiamo parlando insomma di un differenziale di 10-15 volte come portata oraria, a fronte di un costo inferiore, non avendo bisogno di una monorotaia sospesa a mezz'aria.
In sostanza, FICO rappresenta l'occasione per riprendere a Bologna un progetto tramviario che si giustifica pienamente anche senza FICO, e trova le sue ragioni nel fatto che tante città, italiane (Roma, Milano, Torino, Firenze, Padova, ecc...) ed europee (qui l'elenco è sterminato) si stanno riconvertendo al tram come mezzo più idoneo a soddisfare una domanda di mobilità urbana modulabile, compatibile con la pedonalità dei centri storici e sostenibile. E la linea di tram di collegamento Stazione - Fiera - Meraville - Fico sarebbe il primo ramo di una rete destinata ad espandersi, ed avrebbe come effetto collaterale, socialmente rilevante, la qualificazione di un quartiere popolare come il Pilastro, che verrebbe così "avvicinato" ai poli di eccellenza e al centro città (dato che le distanze urbane si misurano in minuti, e non in chilometri).
3. Amministrazione immobile, e i cittadini vanno dal giudice.
Il recente sgombero del collettivo Atlantide dal Cassero di Porta Santo Stefano (9 ottobre), attuato dal Comune (che aveva per anni tollerato quella situazione) a valle di un esposto di cittadini alla Procura, mi è sembrato un ulteriore caso di supplenza della magistratura rispetto all'amministrazione, in materia di diritti di cittadinanza.
Che si tratti di rumore notturno (certificato dall'Arpa come superiore ai limiti di legge), che si tratti di uso della città (con dehors e simili che invadono portici e strade talvolta senza oppure oltre i permessi) o di occupazione abusiva di spazi pubblici (collettivi che senza titolo prendono possesso di edifici comunali, e poi trattano l'uscita facendosi garantire nuove sistemazioni "legali", come stava facendo Atlantide con l'aiuto dell'ex assessore Ronchi), l'impressione è che spesso il Comune non prenda sul serio gli appelli dei cittadini, se non quando tali appelli - dopo anni e migliaia di euro di costi legali - ottengono pronunce da parte di qualche magistratura (ordinaria o amministrativa), che di fatto "impone" all'Amministrazione di adeguarsi a leggi nazionali o regionali, o addirittura a far rispettare norme emanate dallo stesso Comune.
E' successo nel settembre 2014, quando i Comitati dei residenti intorno a Piazza Verdi, dopo essersi ripetutamente e inutilmente rivolti al Comune per segnalare i problemi di rumore, caos e degrado, hanno dovuto rivolgersi al TAR, ottenendo infine un ordinanza che ha imposto all'Amministrazione la rimozione di alcuni Dehors, in forza del principio costituzionale della "necessaria prevalenza da assegnare alla tutela della salute e al diritto al riposo".
E' accaduto quando si è trattato di regolamentare gli orari di apertura dei locali che distribuiscono alcolici.
Ed è riaccaduto appunto con la vicenda di Atlantide, che aveva occupato abusivamente uno spazio pubblico impedendone l'utilizzo alle associazioni che avevano vinto il bando di assegnazione, e che non è stata toccata finché i cittadini non si sono rivolti ai giudici.
Difficile allora dare torto ai Comitati del centro storico (Al Crusel, via Petroni, ecc.), che nel settembre del 2014 scrissero, in un comunicato, "è scoraggiante constatare che l'unica tutela rimasta ai cittadini sia quella legale, che solo in pochi possono permettersi considerati gli alti costi in termini di avvocati e tribunali. Chi paga può tentare di difendersi dal menefreghismo di Amministrazione e politica, chi non può permetterselo deve subire. Questo è il modello di democrazia di questa Amministrazione Comunale che a quanto pare è preoccupata unicamente del profitto di baristi e ristoratori".
Più in generale, e al di là del problema (pure grave e largamente irrisolto) dello sballo notturno che affligge alcune zone del centro storico, sembra che in molti campi l'Amministrazione comunale scelga di "lasciar correre", ossia venga meno al proprio ruolo di custode dei diritti di cittadinanza e delle regole uguali per tutti, applicando un distorto concetto di "tolleranza" che favorisce chi sistematicamente abusa di beni comuni, e lascia soli i cittadini che si appellano al senso civico e al rispetto di questi beni comuni. E sembra che questo lassismo venga bruscamente interrotto solo in conseguenza, appunto, di atti giudiziari che prescrivono l'ovvio (far rispettare gli orari, i metri quadri di strada occupati dai bar, il diritto al riposo dei residenti, l'assegnazione per bando degli spazi pubblici, e via andare). La cosa buffa è che queste improvvise rotture del normale "laissez faire" vengono vissute come fulmini a ciel sereno, da cui il Comune stesso sembra prendere le distanze: "L'ho fatto ma non avrei voluto, sono stato costretto", sembrano dire alcuni assessori, preoccupati di giustificarsi davanti a gestori di locali e collettivi antagonisti...
Bisognerà che questo tema venga chiarito, prima delle amministrative del 2016, nel PD e tra i partiti della coalizione di centrosinistra, per potersi presentare agli elettori con delle priorità comprensibili.
4. Merola bis. La crescente fragilità di una candidatura.
In conclusione, riporto una sensazione percepita dopo l'estate, che si fa più palpabile di giorno in giorno: ovvero che la candidatura del sindaco Merola per il secondo mandato, decretata a luglio con grande convinzione, almeno all'apparenza, da tutto il PD (da parte di un'assemblea cittadina di cui non sono membro), diventi con il passare dei mesi sempre più debole, soprattutto per contraddizioni e inadeguatezze - esplose con particolare evidenza negli ultimi tempi - di alcune figure di Giunta, che sembrano aver perso in alcuni casi il contatto con la realtà.
La viabilità è palesemente appesantita da scelte discutibili, come il proliferare di semafori sulle principali direttrici (come via Toscana, dove in 1400 metri ho contato 8 semafori, metà dei quali nuovi, tra loro non sincronizzati; e in via San Donato ve ne sono mezza dozzina in 800 metri, ancora spenti, ma già minacciosi), o come l'introduzione di corsie riservate alle svolte a destra e a sinistra, che hanno ridotto da 3 a 1 le corsie di scorrimento sui viali di circonvallazione. L'obiettivo di aumentare la sicurezza è certamente meritevole di attenzione, ma va contemperato con le esigenze di mobilità, soprattutto nei principali assi di comunicazione, che non possono diventare strozzature permanenti: sembra invece che l'approccio non sia quello di cercare un equilibrio tra diverse istanze, ma di affermare un principio, di seguire una tesi ideologica.
L'ordine e il decoro urbano restano affidati all'educazione dei cittadini (e questo è normale) e alla fortuna di abitare in certe zone piuttosto che in altre (e questo lo è meno); ma soprattutto, davanti a comportamenti incivili e antisociali, sembrano non esserci contromisure: l'unica possibilità è sopportare o al massimo cambiare casa. Il confine tra degrado e insicurezza è labile: la scelta di non intervenire e di lasciare interi pezzi di territorio urbano a disposizione di balordi e ubriachi (magari non cattivi, magari bisognosi di aiuto) prepara il terreno all'abbandono e alla paura (e a chi la cavalca).
La gestione dell'emergenza abitativa è contraddittoria, tra una strizzata d'occhio ai collettivi e un richiamo alla legalità, con in mezzo assessori che danno dei fascisti ai magistrati che semplicemente applicano la legge.
La mobilità per disabili è assai difficoltosa, perché i marciapiedi sono quasi impercorribili con una carrozzella (la persona seduta è scossa da sussulti e inciampi continui), e si è costretti a muoversi in strada, dove l'asfalto è più liscio, cioè in mezzo al traffico. Può sembrare un problema marginale, ma significa, per una intera categoria di persone, dover scegliere tra essere prigioniere in casa o rischiare di essere travolti. Anche queste sono situazioni deboli degne di tutela, anche questi sono "diritti civili".
La Polizia Municipale, che dovrebbe essere il braccio operativo del Comune nella gestione urbana, sembra diventato un corpo estraneo all'amministrazione, in conflitto sindacale permanente (non so quanto a ragione e quanto a torto, non ho studiato la materia) con l'istituzione che dovrebbe indirizzarne l'azione. L'arredo urbano è gestito in modo casuale, senza attenzione all'identità dei luoghi: dai pali di piazza di porta San Vitale ai fittoni nel centro storico, fino ai muri di ferro alti 3 metri a filo strada, in stile Alcatraz, in una zona di periferia (Fossolo) finora caratterizzata da confini condominiali tenui e verdi, come siepi, muretti bassi, o al massimo reti trasparenti.
La politica verso le società partecipate è indecifrabile: su Hera abbiamo assistito al balletto "vendiamo le quote - non le vendiamo più", su Fiera e Motor Show alcuni assessori hanno dichiarato prima una cosa, e poi il suo contrario a distanza di un anno. E dopo aver blindato, un anno fa, Duccio Campagnoli come presidente per il secondo mandato, ora in Giunta sembrano scoprirne i limiti, peraltro evidenti da tempo.
In generale, mi trovo sempre più spesso a sentire discorsi (o a ricevere messaggi) che in sostanza dicono: "caro De Pasquale, ti ho ascoltato e ho votato Merola la volta scorsa, ma stavolta non lo rivoto più". Le ragioni sono varie, ma se devo tentare una sintesi direi che il motivo fondamentale, il capo di imputazione ricorrente, è l'incuria in tante, troppe cose, magari anche piccole, ma alla fine importanti.
Come quella di cui sono stato diretto testimone un anno fa, come residente, e che racconto brevemente.
Nell'estate dell'anno scorso sono apparsi all'improvviso, nella strada principale della nostra zona (viale Felsina), nuovi divieti di sosta che hanno eliminato cuna trentina di parcheggi a lato strada. Raccogliendo il disappunto dei miei vicini (abitiamo in condominii con una carenza cronica di garage e posti auto) ho scritto una lettera, alla quale ha risposto il Settore Mobilità spiegando come la decisione era frutto di una nota della Polizia Municipale che segnalava come i veicoli parcheggiati limitassero lo spazio e la visibilità stradale, generando così "potenziali condizioni di pericolo". Il Comune ha quindi recepito l'osservazione dei Vigili, vietando la sosta in un tratto di strada.
Abbiamo allora scritto un appello per dire che eleggendo la sicurezza a unico criterio di gestione delle strade, si dovrebbero eliminare anche i parcheggi a pettine (presenti proprio accanto al tratto vietato) e la sosta in prossimità dei passi carrai (assai frequente), ma che tale criterio andava appunto contemperato con le esigenze di una zona che già soffre una sproporzione tra automobili e posti auto privati (garages o parcheggi condominiali), figlia di una pianificazione che aveva previsto ogni 10 unità abitative 7 posti auto, quando oggi ne servono 15.
Nonostante le oltre 200 firme raccolte nel vicinato, l'appello non ha avuto risposta. La prassi è quindi che ogni sera la zona vietata si riempie ugualmente di auto parcheggiate, e che una volta al mese circa la mattina si trovano le multe. Chi invece si impegna a rispettare il divieto, e va a parcheggiare lontano (sul lato l'esterno di viale Felsina, lungo il muro della caserma), si trova a dover camminare sul cordolo (non c'è marciapiede) oppure a dover attraversare senza strisce, in un punto in cui le auto arrivano ad alta velocità. Eppure nell'appello chiedevamo, in subordine, di installare dei rallentatori e di favorire l'attraversamento e il rientro a piedi degli automobilisti costretti dai divieti a parcheggiare lontano: non è anche questo un tema di sicurezza?
Ecco cosa intendo quando parlo di incuria. Anche in questa vicenda, il Comune ha burocraticamente recepito la nota della Polizia Municipale, e si è completamente disinteressato del nostro appello, abdicando al suo ruolo di mediatore tra esigenze divergenti. In breve, rinunciando a governare la situazione, ma consegnandola ad una "illegalità" permanente e inevitabile, che un giorno viene tollerata e un altro viene multata.
5. Politiche della casa e Passante Nord: due inviti.
In chiusura, due inviti a due incontri su temi molto caldi e interessanti.
Domani sera (giovedì 5, quindi stasera per voi che leggete) abbiamo organizzato un incontro sulle Politiche Abitative tra emergenza, diritti e giustizia. Ne parleranno Elisabetta Gualmini (vicepresidente ed assessore alle politiche abitative della Regione Emilia Romagna), Lorenzo Minganti (Consigliere Delegato alle politiche abitative della Città Metropolitana di Bologna), Marco Guerzoni (Responsabile Ufficio Comune Metropolitano per le politiche abitative), Giovanni Delucca (Sindacato Inquilini SICET CISL) e David Pierinelli (Vicepresidente ASPPI Bologna), moderati da Virginia Gieri, presidente del Quartiere Savena. Presso la sede del Quartiere, in via Faenza 4, ore 21.
Un'occasione preziosa per approfondire un tema caldo per la politica locale, e per farsi un'opinione ponderata.
Sabato 14 novembre, parleremo del Nodo di Bologna, mettendo a confronto il Passante Nord e tre alternative; l'allargamento in sede, la sopraelevata in sede, la piattaforma unica. Introduce Renzo Gorini, che illustrerà il progetto di Passante recentemente presentato da Autostrade per l'Italia, intervengono 3 gruppi di tecnici per presentare i 3 progetti alternativi, commentano Giovanni Crocioni (Urbanista), Irene Priolo (Consigliere delgato per Mobilità e Infrastrutture della Città Metropolitana di Bologna) e il sottoscritto (Coordinatore di Perdavvero Urbanistica). Presso la Sala del Baraccano, in via Santo Stefano 119, dalle 10.00 alle 13.00.
Per questo sul Passante oggi non ho scritto nulla: tutto quello che c'è da sapere e da dire lo vedremo sabato 14. Vi aspetto.
Per ora vi saluto, e alla prossima.
Andrea De Pasquale
www.andreadepasquale.it