Andrea De Pasquale

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SFM 2, interrare senza strozzare. Alluvioni: meglio prevenire. Verso le Regionali: io voto Paruolo. Bologna e dintorni, settembre - ottobre 2014

6 novembre 2014

Cari amici,

eccomi alla mia nota periodica sulla politica bolognese. Trovate le precedenti sul mio sito. Rammento che per non ricevere questi messaggi è sufficiente chiedermi la cancellazione da questa lista, mentre se avete amici interessati segnalatemi la loro e-mail.

4 gli argomenti di questa edizione:

1) INTERRAMENTO LINEA VENETA: UNA PROPOSTA PER USCIRE DAL TUNNEL

2) SFM E RIQUALIFICAZIONE URBANA: DUE OCCASIONI DA NON SPRECARE

3) ALLUVIONI E TERRITORIO. BENE RIPARARE, MA SOPRATTUTTO PREVENIRE

4) ELEZIONI REGIONALI: RIASSUNTO DEI FATTI E SOSTEGNO A PARUOLO.

(Vedi anche facebook.com/andrea.depasquale e twitter.com/depa65)

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1) INTERRAMENTO LINEA VENETA: UNA PROPOSTA PER USCIRE DAL TUNNEL

La storica battaglia per evitare che il progetto di eliminazione dei passaggi a livello in zona Massarenti (in sé condivisibile) non diventi una strozzatura per tutto il Servizio Ferroviario Metropolitano, e non dia luogo a un cantiere infinito (per i rischi sulla staticità degli edifici e l'insufficiente copertura finanziaria) ha trovato nuovi e preziosi alleati.

In primo luogo, gli amici di Legambiente, che hanno sposato la causa con una petizione che - sia ben chiaro - non chiede di fermare il progetto, ma di modificarlo in sede di Conferenza di Servizi. E di rivederlo proprio nella parte che presenta i maggiori costi e i maggiori rischi, ovvero il tratto che porterebbe i binari in galleria a 12 metri di profondità, e con essi anche la stazione di servizio al S. Orsola (polo ospedaliero che genera un movimento di accessi superiore a quello dell'Aeroporto), con le prevedibili conseguenze in termini di degrado e insicurezza che oggi affliggono già la fermata di via Zanolini (a "soli" 5 metri di profondità), diventata luogo di bivacco quindi "off limits" per gli utenti.

Per firmare la petizione andate sul sito di Legambiente Bologna (www.legambientebologna.org), dove trovate anche un documento approfondito (10 pagine) nel quale spieghiamo, con tanto di tabelle comparative, come - al contrario di quanto affermano alcuni amministratori locali poco informati - le modifiche da noi proposte rendono più fattibile l'interramento. In sintesi, il progetto attuale, al di là dei limiti strategici (strozzatura a binario unico, "stazione-catacomba" sepolta a 12 metri di profondità e realizzata solo al grezzo), costa 48 milioni di Euro mentre le risorse disponibili arrivano a 41. Inoltre, lo scavo a 12 metri di profondità (che diventano 18 per le infrastrutture di contorno) a filo delle fondamenta di case popolari come quelle di via Libia e via Bentivogli, genera rischi evidenti (e ampiamente sperimentati in via Carracci) che potrebbero far lievitare ulteriormente costi e tempi del cantiere (e allungare l'interruzione del servizio ferroviario). Ecco perché la nostra proposta chiede di rivedere il progetto nella parte relativa all'interramento in galleria profonda sotto via Libia, in modo da ridurre rischi e costi dello scavo, e dedicare le risorse così risparmiate a realizzare interventi che incidano maggiormente sull'effettivo miglioramento del servizio di trasporto pubblico su ferro, con due ulteriori vantaggi: di realizzare la stazione S. Orsola un superficie (un enorme guadagno in termini di sicurezza e usabilità) e di lasciare aperte le possibilità di costruire in futuro tratti di raddoppio che possano garantire corse a frequenza di 30 e di 15 minuti.

L'altro fatto importante è che i comuni di Castenaso, Budrio e Molinella nelle scorse settimane hanno chiesto di partecipare alla Conferenza di Servizi, per portare al tavolo che valuterà il progetto un punto di vista e un respiro un po' più "metropolitano" rispetto alla prospettiva "di quartiere" con cui fino ad oggi è stato portato avanti. E a proposito di visione metropolitana, abbiamo scritto una lettera a Virginio Merola, che tra poche settimane sarà Sindaco della Città Metropolitana, affinché anche nell'approccio al progetto di interramento della SFM 2 colga l'occasione per assumere interamente il nuovo ruolo, alzando lo sguardo sulle implicazioni "metropolitane" di quell'intervento. Nella lettera, consegnata nelle scorse settimane, scriviamo tra l'altro: "Crediamo che un intervento da 48 milioni di euro tratti da fondi destinati all'implementazione del Sistema Ferroviario Metropolitano debba in primo luogo tener conto delle esigenze, presenti e future, dei cittadini che gravitano intorno a tutta la linea SFM 2 Vignola-Bologna-Portomaggiore (...) e degli obiettivi di lotta all'inquinamento nell'area metropolitana, attraverso una decisa riqualificazione ecosostenibile dei sistemi di mobilità .(...) Con una razionale modifica del progetto si possono contemperare le esigenze di tutti i cittadini, della Cirenaica e del resto dell'area metropolitana, non limitando le potenzialità della linea, con un occhio sempre anche al futuro".

 

2) SFM E RIQUALIFICAZIONE URBANA: DUE OCCASIONI DA NON SPRECARE

Sempre a proposito di trasporto ferroviario, in settembre ho presentato (da semplice cittadino: non faccio parte di alcuna amministrazione) alcune osservazioni al POC (Piano Operativo Comunale), laddove, nell'allegato "Documento programmatico per la qualità urbana - Riqualificazione urbana diffusa", prevede interventi urbanistici che sembrano ignorare, o non dare sufficiente peso, alla presenza di una linea ferroviaria e al suo pieno utilizzo per la mobilità urbana.

E' il caso, per esempio, della riqualificazione prevista all'inizio in via Zanardi presso l'incrocio con via Terracini (siamo al confine tra la città compatta ed aree miste tra insediamenti residenziali e campagna), che prevede, la demolizione degli immobili esistenti e la realizzazione di un edificio di minore volume, a creare uno spazio intorno alla futura fermata SFM "Zanardi", alla quale però vengono dedicati soli 11 (undici) posti auto: un po' pochi per una amministrazione che voglia incoraggiare davvero lo scambio "ferro-gomma" e in generale l'integrazione tra diversi sistemi di mobilità (taxi, bici, autobus). E invece la posizione sarebbe ideale per chi, provenendo da quadrante nord ovest, volesse raggiungere il centro città oppure utilizzare il SFM per raggiungere altre destinazioni metropolitane.

Ed è il caso anche dell'intervento previsto in via Mattei (siamo nei pressi della sede del Carlino), dove verrà realizzato un parcheggio pubblico di quasi 10.000 mq e circa 380 posti auto, esattamente a fianco della linea SFM 2 (la Bologna - Portomaggiore, sempre lei!) e a poche centinaia di metri dalla Stazione Roveri, senza che il progetto preveda un collegamento pedonale tra il parcheggio e la stazione. E invece anche qui, per i cittadini metropolitano provenienti dalla San Vitale, sarebbe certamente interessante la possibilità di lasciare l'auto ai margini dell'area urbana per arrivare in centro (al S. Orsola, in Università, in Stazione...) in treno.

E il bello è che il documento programmatico nel quale questi interventi sono inseriti individua come propri obiettivi il miglioramento della mobilità sostenibile e del benessere ambientale... Per carità: non dico che siano interventi sbagliati o dannosi (tenuto conto anche che l'iniziativa è dei privati). Dico solo che, nel momento in cui si mette mano alla rigenerazione di alcune aree urbane, e al riutilizzo del patrimonio edilizio inutilizzato, si può e si deve fare meglio. La presenza di fermate ferroviarie adiacenti ai comparti ci permette (e quindi ci impone) di agire con maggiore determinazione e coerenza.

 

3) ALLUVIONI E TERRITORIO. BENE RIPARARE, MA SOPRATTUTTO PREVENIRE

Sul Forum "Territorio Sostenibile" del PD di Bologna (che, lo ricordo, a inizio agosto ha discusso e votato un documento che invita le amministrazioni locali a rivedere il progetto di interramento di cui sopra) è sorto un interessante scambio di opinioni riguardo il dissesto idrogeologico.

Ad aprire il dibattito una nota di Sergio Salsedo, coordinatore del Forum, che a valle dell'alluvione a Genova ha espresso un concetto che mi trova d'accordo e che rilancio volentieri.

"(...) Mi pare ci sia una forte tendenza a focalizzare la discussione sulla questione della burocrazia e dei tempi di realizzazione delle "opere" (di difesa idrogeologica). Ora, è vero ed è chiaro che in una situazione compromessa come quella ligure, e nella evidente impossibilità di far spostare qualche decina di migliaia di persone alle quali si è consentito - nel corso dei decenni - di andare a vivere nelle aree golenali o comunque esondabili, alcune opere di contenimento e/o prevenzione sono indispensabili. E che, se opere simili sono state finanziate ma non realizzate, è una vergogna (a causa di ricorsi giudiziari, ndr). Questo però non dovrebbe far passare in secondo piano la discussione sulle cause originali. Sia perché mi pare corretto chiarire le responsabilità di chi, in passati più o meno recenti, ha consentito che si creassero queste situazioni, sia soprattutto per fare in modo che da domani in poi si smetta di aggravare il problema. (...) La migliore difesa del territorio è rispettarlo. I soldi si stanziano per opere di riparazione del territorio: ormai purtroppo servono, ma se non ci decidiamo a cambiar rotta in termini di uso del suolo, continueremo solo ad inseguire problemi che stiamo creando - o peggiorando - noi stessi".

Dal dibattito che è seguito sono venute molte proposte interessanti. Come ad esempio quella di ridurre le stazioni appaltanti dalle attuali oltre 8.000 (una per ogni ente) a non più di un centinaio: sarebbe di grandissima efficacia non solo per ridurre le possibilità di errore nei bandi, che poi danno luogo ai ricorsi (che bloccano i lavori a Genova), ma anche per ridurre le possibilità di corruzione e aumentare l'efficacia dei controlli anticorruzione. E di penalizzare i "ricorsi temerari": se una ditta fa un ricorso e si rivela infondato (come avviene in tanti casi) deve pagare una multa salata. Altro passo necessario è la drastica semplificazione del confuso coacervo di norme, spesso contraddittorie fra loro, che rallentano i procedimenti e consegnano un potere di veto ad ogni singolo componente dei Tavoli e delle Conferenze chiamate a decidere. E l'idea di istituire un limite di ragionevolezza (quantitativo e qualitativo) alle richieste che si possono fare, ad esempio in sede di Conferenze di Valutazione Impatto Ambientale (si hanno notizie di casi di progetti che hanno dato luogo a centinaia di richieste di integrazioni, non puntuali e specifiche, ma generali e omnicomprensive, che sono un modo surrettizio per rendere impossibile l'iter del progetto senza assumersi la responsabilità politica di bocciarlo apertamente). Occorre poi evitare che soggetti e istituzioni che rifiutano di prendere parte al processo di valutazione di un progetto abbiano poi il potere di esprimere ex post valutazioni contrarie. E sarebbe importante superare i meccanismi decisionali meramente legati a procedure, che deresponsabilizzano gli attori e non permettono di ricostruire la responsabilità tecnica e politica di determinate decisioni (o mancanza di decisioni); in proposito, qualcuno ha notato che per guidare positivamente un processo complesso, un Responsabile Unico del Procedimento (dirigente pubblico) deve avere non solo competenze normative e procedimentali, ma anche manageriali e gestionali. Sarebbero infine da evitare come la peste (e invece purtroppo ne siamo pieni, a tutti i livelli) le normative del tipo "leggi manifesto", simboliche e inapplicabili, che poi si portano appresso necessarie "interpretazioni applicative" che di fatto sono scorciatoie per aggirarle.

Aggiungo di mio che questa ultima situazione è molto diffusa non solo nella pubblica amministrazione, ma anche nel privato, tra professionisti, artigiani, commercianti, imprenditori, che spesso sono costretti a scegliere tra il rispetto scrupoloso della normativa (che però ti impedisce di lavorare) e il fare il lavoro di cui c'è bisogno (che però richiede una "interpretazione ragionevole", ovvero una trasgressione, della normativa). Ed è particolarmente odiosa perché consegna all'autorità di controllo un potere di vita e di morte sul soggetto controllato, riproducendo di fatto quel rapporto di sudditanza che si credeva superato con lo Stato di Diritto (dove se rispetti la legge non hai nulla da temere), e che invece torna a esporre il cittadino al potere arbitrario del Principe ("Stai sottomesso che sennò ti mando un controllo"). Da qui alla corruzione, lo capite, il passo si fa brevissimo.

 

4) ELEZIONI REGIONALI: RIASSUNTO DEI FATTI, E SOSTEGNO A PARUOLO.

Le primarie per selezionare il candidato a Presidente della Regione Emilia Romagna hanno avuto un percorso assai peculiare. Dopo il grande affollamento della vigilia (in estate circolarono i nomi di 5 candidati al soglio regionale, tra cui l'unico a formalizzare da subito l'impegno, e a tenerlo fino in fondo, è stato Roberto Balzani, già sindaco di Forlì), i dirigenti del PD cercano una "soluzione unitaria" (individuata nel sindaco di Imola Daniele Manca, campione di quella saldatura tra politica ed economia riassunta nell'espressione "La Ditta"); l'obiettivo unitario sfuma, e a fine agosto scende in campo Matteo Richetti. A quel punto Stefano Bonaccini, segretario regionale del partito, da più parti sollecitato, dopo molte indecisioni e quasi controvoglia, accetta la sfida. Su di lui convergeranno le altre ventilate candidature (Palma Costi, Patrizio Bianchi), contribuendo così a semplificare il quadro, che prospetta una partita a tre (naturalmente oggi tutti renziani, quale peraltro sarebbe stato anche Manca). Ma ai primi di settembre all'improvviso Richetti annuncia il suo ritiro, giustificato in modo un po' acrobatico (prima ragioni personali; poi volontà di contribuire all'unità del partito; infine accusa di aver avuto il partito contro).

Così il 28 settembre Bonaccini, forte dell'appoggio compatto del partito (in tutte le sue strutture territoriali e in quasi tutte le cariche istituzionali) vincerà con il 61% dei consensi contro un Balzani che però, senza alcun aiuto dall'apparato, arriva comunque al 39%, a testimonianza di una forte domanda di discontinuità. E di una ancor più forte disaffezione, data la scarsa partecipazione dei cittadini a questo voto.

Il vincitore infatti, che pure a livello personale ha l'aspirazione a rappresentare una certa innovazione, e non la continuità di quella Ditta così ben insediata nella politica e nell'economia regionale, ha tuttavia la particolarità di essere stato scelto proprio dagli esponenti di quella stessa Ditta quale loro rappresentante e garante. E, come sappiamo, in politica il fatto di godere del sostegno (determinante e "pesante") di precisi interessi, spesso rileva - nella definizione del profilo dell'amministratore e della sua azione politica - quanto le intenzioni personali, per quanto sincere ed apprezzabili.

Ma lo spirito (e gli obiettivi) con cui i dirigenti del Partito hanno vissuto la vicenda delle primarie, e si approcciano alle elezioni regionali, è stato illuminato dalla gestione delle liste per il Consiglio.

A soli 5 giorni dalle primarie, una Direzione Provinciale convocata in fretta e furia (venerdì 3, la vigilia di san Petronio) ha votato all'unanimità una lista di 10 candidati per il collegio di Bologna (coincidente con la provincia), su un totale di 11 posti disponibili. Il ragionamento implicito era che Imola, che insieme al suo circondario rappresenta il 10% della popolazione della provincia, avrebbe aggiunto il nome del proprio candidato (uno, come è sempre accaduto) ai 10 bolognesi. Tra i quali però c'erano due nomi in più e uno in meno. Quello in meno era Raffaele Donini, segretario del PD di Bologna, che dopo aver sudato sette camicie per assicurarsi il ruolo di capolista (mitica la relazione di "incoronazione" a settembre, letta da un suo fedele collaboratore ma visibilmente scritta dallo stesso incoronato), fa un inatteso un passo indietro e rinuncia, per spirito di servizio e sacrificio in favore dell'unità del partito, alla candidatura in regione (peraltro assunta, poche settimane prima, sempre in spirito di servizio e sacrificio per l'unità del partito). I due nomi in più erano quelli di due figure civiche, Fulvio De Nigris (non politico, ma buon frequentatore di circuiti politici, con l'aria di essere già pronto a correre da tempo, dentro o fuori il PD) e Grazia Pecorelli, medico di pronto soccorso al S. Orsola, con un forte impegno nel volontariato e nella formazione clinica.

Ma all'alba del giorno dopo (4 ottobre, san Petronio) Donini si accorge che in quello stesso giorno Imola tiene le sue primarie per il candidati al consiglio regionale, e le tiene per scegliere non un nome, bensì due. Questa scoperta lo fa sentire autorizzato, nei giorni successivi, a cancellare con un tratto di penna, nel suo ufficio (probabilmente circondato dai suoi giovani collaboratori a progetto) il nome della Pecorelli (l'unica davvero civica) dalla lista solennemente votata in Direzione, in modo da lasciare a Imola, che rappresenta un decimo degli abitanti, 2 posti su 11 (ovvero il 18% della rappresentanza), e potenzialmente, grazie alla doppia preferenza di genere, ben 2 eletti sui 5 prevedibili (che significa il 40% di rappresentanza per il 10% di cittadini, con il resto del territorio bolognese che avrebbe il 60% di rappresentanza per il 90% dei cittadini).

Così la settimana successiva ho deciso di scrivere una lettera a Bonaccini, che è stata poi firmata da una quarantina militanti e amministratori PD, nella quale, "in quanto dirigenti del PD di Bologna, oggettivamente corresponsabili delle scelte di queste ore e delle loro conseguenze sul piano della partecipazione e del consenso che andremo a misurare con l'imminente voto alle elezioni regionali", sottolineavamo tre cose: A) che la Direzione Provinciale del Partito Democratico di Bologna aveva votato all'unanimità una lista di 10 candidati, senza mai discutere di eventuali criteri di esclusione in vista di una eventuale riduzione del numero dei candidati per esigenze della federazione imolese, e senza dare alcun mandato al segretario in questo senso. B) che la democrazia non può calpestare la demografia, ovvero le candidature non possono prescindere da una proporzionalità rispetto agli abitanti, e non si capisce perché Imola debba avere un trattamento privilegiato quando territori di peso demografico pari o superiore hanno zero. C) che data la scarsa affluenza alle primarie, e quindi il bisogno di riguadagnare partecipazione e prossimità alla società civile, nell'eventuale necessità di ridurre la lista votata in Direzione, il "sacrificio" di una figura civica sarebbe stato da ponderare con massima attenzione.

La lettera non ha avuto risposta e le cose sono andate nel modo che sappiamo, e che Balzani ha così riassunto (in latino, che qui traduco) "Il sindaco di Bologna Merola e il segretario democratico Donini hanno immolato la candidata civica Grazia Pecorelli per evitare lo scontro interno al Partito. Come volevasi dimostrare". "Più che immolata, la Pecorelli è stata imolata...", ha sintetizzato un amico su Facebook.

In questo quadro si colloca il mio sostegno convinto e deciso a Giuseppe Paruolo come candidato al consiglio regionale. Giuseppe ha dimostrato di essere una persona libera (anche perché ha una professionalità cresciuta fuori dalla politica), capace di studiare e analizzare dossier complessi (ricordo ad esempio il lavoro di ricostruzione della complicata e opaca vicenda del Passante Nord), e pronto ad assumere anche posizioni scomode e controcorrente (come sul caso Delbono). Ha sostenuto Renzi dalla primissima ora (quando non era ancora così di moda, soprattutto a Bologna), e ha dato prova di sobrietà e rispetto del denaro pubblico rinunciando al vitalizio da consigliere regionale e meritando gli onori della cronaca per essere stato, nei due anni di permanenza in consiglio, il politico che ha speso di meno (32 Euro, il canone della carta di credito riservata ad ogni consigliere e da lui mai utilizzata). Ha sempre cercato di fare un lavoro "di squadra", e di circondarsi di persone competenti su varie materie, mettendo a disposizione il proprio ruolo per portare avanti battaglie, in materia di sanità, ambiente, trasporti e uso del territorio, che giudico di vero interesse pubblico (tra cui quella per un SFM più efficiente, anche a costo di entrare in collisione, su alcune scelte, con la Giunta regionale).

Per questo ritengo che la sua elezione sia un buon investimento per i cittadini bolognesi (e metropolitani), e sono impegnato accanto a lui perché possa raccogliere le preferenze necessarie. Sul suo sito http://giuseppeparuolo.it/ trovate il rendiconto della sua attività, le sue proposte programmatiche e il materiale per la campagna elettorale, che potete chiedere anche a me.

Vi saluto quindi invitandovi ad andare a votare, domenica 23 novembre, e a scrivere nel riquadro del PD il nome "Paruolo".

Alla prossima, e buona notte a tutti.

Andrea De Pasquale

P.S.: in ottobre è mancato Giacomo Venturi per le conseguenze di un incidente stradale. Non nascondo che negli ultimi anni mi sono trovato, rispetto a questioni urbanistiche e amministrative, su posizioni diverse e talvolta opposte alle sue. Ma davanti a vicende dolorose come questa, che travalicano le differenze di opinione e ci mettono duramente davanti alla nostra fragilità e finitezza umana, mi sento di abbracciare lui, la sua famiglia e le tante persone che gli hanno voluto bene. E di potergli dire, confidando in un Dio che ci vuol bene e che ci attende: "Arrivederci Giacomo".

 
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