marzo 2006
Seduta del 31 marzo
Dedicata alla presentazione del progetto di collegamento tra Aeroporto e Stazione denominato "People Mover".
L'assessore ai trasporti del Comune, Zamboni, premette che il People Mover si inserisce in un quadro generale di riassetto della mobilità bolognese che ha come scheletro portante il Servizio Ferroviario Metropolitano, e come corollario la filoviarizzazione delle principali linee di autobus, in corsie protette. Spiega che però ci sono due criticità non risolvibili in questo modo: la direttrice Nord-Ovest (Piazza dell'Unità - Ospedale Maggiore), dove abbiamo una domanda oraria di 6.500 viaggiatori all'ora (alla quale non esiste sistema di superficie, se non protetto ed esclusivo, capace di dare risposta), e il collegamento Stazione - Aeroporto.
Sul primo tema, non essendoci in superficie lo spazio per una linea di tram protetta, siamo costretti ad andare sotto terra, almeno fino a dove la domanda è superiore ai 4.500 passeggeri all'ora. Dopo, possiamo risalire in superficie. Il secondo tema, il collegamento tra Stazione e Aeroporto, era affrontabile anche con un braccio di collegamento tra l'attestamento del metrò-tram al Lazzaretto e l'Aeroporto, ma l'abbiamo scartato per il cattivo rapporto costi benefici. La seconda opzione era un collegamento con la stazione SFM dell'aeroporto, ma è stata scartata per 2 motivi principali: perché la rottura di carico (scendere da un mezzo e attendere un mezzo successivo in presenza di viaggiatori con bagagli e tempi stretti) pesa particolarmente sui tratti brevi come questo, e perché non c'è la garanzia di governare il sistema (almeno in tempi brevi: sulle sue linee RFI fa quello che vuole). Zamboni ci fa notare che mediamente la percentuale di viaggiatori che utilizzano questo sistema è del 15% rispetto al totale dello scalo aeroportuale. Per Bologna significa tra i 1.000 e i 1.500 passeggeri ora per direzione. Era quindi inutile pensare a un sistema sovradimensionato. Questa domanda di trasporto ha due caratteristiche peculiari: da un lato è in grado di pagare una tariffa alta, non parametrata a quella del trasporto urbano, ma al costo di un taxi o di una giornata di parcheggio in aeroporto (oltre 15 euro); tanto che l'Aerobus oggi, costando 4,50 Euro ed essendo piuttosto lento (ci mette 25 minuti), ha 450.000 utenti l'anno. Dall'altro ha bisogno di soprattutto di frequenza, e di rapidità. L'ing. Boldreghini, consulente del Comune, scende in dettagli progettuali. Il fatto che il percorso non è in zona troppo urbanizzata è di grande aiuto. Si è pensato ad un'unica monorotaia sospesa su un viadotto, perchè il territorio lo permette (non abbiamo problemi di introspezione nelle case esistenti e di abbattimento di edifici), e perchè in questo modo non creiamo cesure sul territorio (viaggiamo a 5 metri di altezza, sotto possono continuare a passare le strade). L'opportunità è anche quella di aver potuto concordare con i progettisti del nuovo comparto del Lazzaretto una integrazione armonica della fermata nel futuro insediamento. Per spendere di meno abbiamo pensato a un'unica monorotaia, con incrocio al centro (fermata del Lazzaretto), con un modello tipo "cremagliera". I convogli saranno 2 + 1 di scorta, la frequenza massima di 8 minuti, il tempo di percorrenza 7,5 minuti (+ il tempo di inversione alle due fermate di testa), la capacità intorno ai 200-250 per convoglio, per una capacità oraria di 1.500 viaggiatori. I costi sono intorno ai 18 milioni a km (per un totale di 95 milioni di Euro), mentre una metropolitana ne costa molto di più. Le banchine sono lunghe 36 metri. I pilastri saranno ogni 25 metri. Il tracciato parte in alto, a livello del primo piano dell'aerostazione, si abbassa per passare sotto alla tangenziale, si alza per passare sopra il fiume Reno, torna ad abbassarsi per passare sotto la linea ferroviaria di collegamento con la cintura (destinata a diventare la linea di alta velocità per Padova), si ferma al Lazzaretto, e prosegue in sopraelevato fino alla stazione. Considerazioni di prospettiva: l'entrata in esercizio dell'Alta Velocità rende l'aeroporto di Bologna competitivo come accesso per Firenze, mentre oggi il timore di venire imbottigliati a Bologna spinge molti utenti verso l'aeroporto di Verona. Inoltre l'espansione del comparto Lazzaretto, sia come insediamento universitario, sia come residenze, rende questa infrastruttura interessante anche come trasporto urbano. A questo si aggiunge un aumento di domanda derivante dalla crescita del traffico aeroportuale. Se poi la domanda fosse in crescita, è possibile in futuro espandere il servizio facendo altri 2 punti di incrocio lungo la linea (con 4 veicoli in moto anzichè 2, ovvero passando da 1.500 a 3.000 passeggeri all'ora) o addirittura raddoppiare la monorotaia. Infatti nelle opere infrastrutturali più costose (sottopassi ferroviari e stradali, ponte sul Reno), viene già previsto lo spazio per il raddoppio. Le prospettive di esercizio dicono che con una tariffa intorno ai 6 Euro si potrà avere il ritorno dell'investimento tra i 25 e i 30 anni. Dei 95 milioni di costo, 25 milioni sono pubblici, il resto sarà delle imprese realizzatrici (in project-financing). Al Lazzaretto arriverà anche la metro-tramvia, realizzando quindi un nodo di integrazione.
Seduta del 30 marzo
Convocata presso il Comune di Bologna, per l'udienza conoscitiva sul sistema VACMA, per conoscere le condizioni di sicurezza dei lavoratori e del materiale ferroviario utilizzato per il trasporto ferroviario. (Vedi resoconto della III Commissione del 30 marzo).
Seduta del 24 marzo
Seduta in esterna, dedicata al sopralluogo di verifica del trasporto ferroviario verso San Benedetto - Castiglione dei Pepoli (linea direttissima, il sesto braccio del Servizio Ferroviaio Metropolitano che andiamo a sperimentare come Commissione Provinciale).
Il treno che prendiamo (partenza da Bologna Centrale ore 9.54) è bello, uno dei migliori su cui siamo saliti sulle tratte locali. Dal finestrino le stazioni (San Ruffillo, Rastignano, Pianoro, Monzuno-Vado, Grizzana e infine San Benedetto-Castiglione) sono in buone condizioni. La linea ci sembra anche veloce: i 40 km da Bologna a S. Benedetto stazione viene coperto in 35 minuti (in macchina ci vuole molto di più).
Ma all'arrivo iniziano i dolori: la stazione infatti è nel fondovalle mentre i paesi sono a 10 km (San Benedetto, complessivamente 4.500 abitanti nel territorio comunale) e 20 km (Castiglione, complessivamente 6.500 abitanti nel territorio comunale), per un bacino di utenza potenziale di oltre 10.000 cittadini. Il collegamento tra stazione e centri abitati è affidato a linee di autobus, che solo in pochi casi partono in coincidenza con il treno: nel nostro caso, il primo mezzo che sale a San Benedetto parte 45 minuti dopo l'arrivo del treno.
Gli amministratori (Luca Stefanini, sindaco di San Benedetto, Lorenzo Benedetti, vicesindaco di Castiglione, e Gianfranco Gerbi, assessore di Monzuno) ci spiegano che ATC, dopo lunghe trattative, ha detto di non poter aggiungere corse in coincidenza con i treni se non addebitandone il costo ai comuni. Che infatti sostengono con risorse proprie una corriera che raccoglie al mattino gli alunni che studiano al Bologna (partendo alle 5.50 da Castiglione!), e attraverso il percorso autostradale arriva a Bologna alle 8.15 (2 ore e 25 minuti di viaggio, quando il treno ce ne metterebbe 35... ma non agli orari giusti!).
Ci viene segnalato inoltre il problema dei biglietti (o degli abbonamenti), che sono ben 3 per i pendolari che devono raggiungere Bologna: uno per la corriera dal paese alla stazione, uno per il treno, uno per gli autobus a Bologna. Un biglietto unico aiuterebbe molto. Vi è poi l'aspetto degli orari, carenti sia per la frequenza (al mattino in orario di punta c'è un treno alle 6.50, uno alle 8.00 e uno alle 9.25, il primo sempre sovraccarico, con viaggiatori in piedi... poi tra le 10.25 e le 13.25 ci sono 3 ore senza un treno), sia per la scarsa copertura serale (l'ultimo treno con bus in coincidenza all'arrivo parte da Bologna alle 18.00, l'ultimo senza bus alle 20.30).
Altra questione è la manutenzione ordinaria della stazione (pulizia, sgombero neve dai marciapiedi, ecc.), di cui si debbono far carico i comuni.
In conclusione, su una stazione con circa 1.000 pendolari al giorno, il 70% di questi arriva in macchina, e solo il 30 in autobus. Questo è un dato grave soprattutto a fronte dell'aumento di popolazione immigrata (sono il 10% degli abitanti) che viene a stabilirsi qui per motivi di costi degli immobili (una famiglia qui trova una casa abbastanza grande in affitto per 3 o 400 euro al mese), mentre lavorano a Bologna o comunque non in zona.
Al ritorno, volevamo prendere una corriera intorno alle 13.00, che però - scopriamo - non va in stazione: quella che ci va passa alle 13.15, e arriva in stazione alle 13.32, 7 minuti dopo il passaggio del treno per Bologna (delle 13.25). Treno che per nostra fortuna era in ritardo di 10 minuti, e sul quale siamo quindi riusciti, un po' rocambolescamente, a salire. Un'esperienza esemplare della mancata integrazione ferro-gomma, e anche dei disagi quotidiani dei pendolari.
Seduta del 10 marzo
Seduta tutta in esterno, a visitare i cantieri della Variante di Valico, ovvero della nuova autostrada, che in parte sostituirà, e in parte si affiancherà all'attuale collegamento tra Bologna e Firenze.
La situazione attuale dell'autostrada Bologna-Firenze è di una media di 47.000 veicoli al giorno, con punte fino a 60, 80 e addirittura 100 mila. La velocità media è di 60 kmh per i veicoli leggeri e 40 per quelli pesanti. La pendenza supera il 3%.
In sintesi, il nuovo tracciato consentirà di aumentare la velocità media a 110 kmh per i veicoli leggeri, grazie al fatto di abbassare di 220 metri il punto di massima altitudine (con pendenza massima del 2%), e di prevedere raggi di curvatura più ampi del tracciato attuale.
L'opera si attua su 59 km di autostrada, di cui quasi la metà (29,7 km pari al 48,6%) si svilupperà in galleria, 19,7 km pari al 33,4% in sede naturale, 10,6 km pari al 18% in viadotto. Nel primo tratto (Sasso Marconi-Vado) il nuovo tracciato sostituirà il nuovo, che verrà abbandonato. Dalla località La Quercia fino a Barberino invece il nuovo tracciato si sommerà a quello attuale, creando una vera e propria "variante". Si prevedono anche 2 nuove aree di servizio (in località Badia, sotto Pian del Voglio, presso l'imbocco della galleria di base), 2 nuovi svincoli (sempre in località Badia e il nuovo casello di Sasso Marconi), per una spesa totale di 3.100 milioni di Euro.
Una parte consistente dei costi (425 milioni) è dovuta a interventi di riqualificazione dei territori attraversati dalla nuovo tracciato, e di adempimento rispetto alle prescrizioni (= richieste di opere o di modalità operative da parte della Conferenza dei Servizi, nella quale sono rappresentati gli enti locali), in direzione della tutela ambientale e paesaggistica. Tra le scelte di mitigazione ambientale emergono le barriere fonoassorbenti, le gallerie con doppio sistema di drenaggio (per separare le acque percolanti dal terreno intorno al cappotto della galleria dalle acque versate in galleria dai veicoli e convogliate in vasche di raccolta differenziata), il riutilizzo in loco dei materiali di scavo (es. quelli tratti dalla Galleria di Monte Mario sono stati integralmente riutilizzati per i rilevati e il nuovo casello di Sasso Marconi).
In totale i metri cubi scavati saranno 17 milioni, che verranno utilizzati per il 33% in viabilità e rilevati, per il 20% in stabilizzazione di versanti in frana, per il restante 47% per recupero e rimodellazione ambientale (cave in disuso, ecc.) Alla fine dell'opera saranno stati piantati 644.000 nuove piante tra alberi e arbusti, e saranno state realizzate superfici a prato per 2.600.000 metri quadrati.
La sicurezza in galleria (quella di base, che passa sotto Roncobilaccio, è di quasi 9 km) sarà data dai tunnel a doppia canna collegati con bypass pedonali ogni 300 metri e carrabili ogni 900, chiusi con porte tagliafuoco e pressurizzati per evitare l'ingresso di fumo.
A regime, il traffico verrà lasciato libero di indirizzarsi al vecchio e al nuovo tracciato, ma sarà naturale che sia preferito il secondo, vista la minore salita (soprattutto per i veicoli pesanti sarà un risparmio di molti litri di carburante ad ogni attraversamento). In caso di incidenti o intasamenti, un sistema elettronico indirizzerà immediatamente il traffico sul tracciato libero.
Seduta del 3 marzo
Dedicata all'approvazione dello schema di Accordo Territoriale (tra la Provincia e i Comuni di Crespellano e Anzola Emilia) per l'ambito produttivo sovracomunale "Martignone".
Si tratta di un atto che va nella direzione indicata dal Piano Territoriale di Coordinameno Provinciale, ovvero di pianificare lo sviluppo del territorio in forma associata tra diversi comuni, e secondo la logica perequativa, che tende a distribuire i vantaggi delle urbanizzazioni a tutti i territori, evitando la concorrenza dei comuni nell'offerta insediativa per accaparrarsi gli oneri di urbanizzazione. Una seconda indicazione strategica del PTCP sottesa a questo accordo è quella di sviluppare insediamenti produttivi che non "pesino" dal punto di vista trasportistico sugli assi consolidati e radiali rispetto al capoluogo, ma su nuove infrastrutture che tendono a "saltare" le zone urbanizzate (e qui siamo a 2 km dal nuovo casello autostradale della Muffa).
Nel caso specifico, si tratta di un'area industriale che il PTCP indica come "suscettibile di sviluppo", ai confini tra i comuni di Crespellano e Anzola Emilia, disposta a sud della via Emilia. L'accordo prevede due fasi attuative, la prima (su un'area di circa 33.000 mq di ST) in zona "Chiesaccia" (a ovest del comparto), la seconda (su un'area di circa 44.000 mq di ST) a completamento e ricucitura dell'insediamento esistente a est (ora formato da un corpo principale a forma di L e da un corpo più piccolo e staccato, nel vertice del rettangolo ideale formato chiudendo i lati della L).
Il disegno finale prevede quindi due insediamenti compatti, separati da un varco di discontinuità di salvaguardia della visuale, dalla via Emilia, verso il paesaggio agricolo e collinare.
Nell'accordo sono inseriti vincoli di realizzazione (a carico dei privati, quindi senza costi pubblici) di infrastrutture viarie di servizio al comparto e di collegamento con i principali assi stradali (la variante alla via Emilia, il nuovo collegamento tra via Emilia e Bazzanese, e soprattutto il nuovo casello autostradale), di reti tecnologiche, e di quanto necessario a rendere tutta l'area "ecologicamente attrezzata".
Il fondo perequativo è formato dal 100% degli oneri di urbanizzazione secondaria e dal 20% dell'ICI.
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